Brevi osservazioni ai fini della predisposizione del programma di gestione ex art. 37 d.l. n. 98/2011, convertito nella legge n. 111/2011, relativamente alla Prima Sezione civile (e relativa sottosezione Sesta) della Corte di Cassazione.
di ANTONIO DIDONE - consigliere della Corte di cassazione
Pubblichiamo una nota di ANTONIO DIDONE, consigliere della Corte di cassazione, su possibili modalità di applicazione al lavoro della Cassazione della disciplina introdotta dall'art. 37 del decreto legge 98/2011, convertito nella legge 111/2011. Tale norma, ricordiamo, prevede tra l'altro, che i capi degli Uffici giudiziari predispongano annualmente un programma per la gestione dei procedimenti civili, amministrativi e tributari, volto a ridurre la durata dei procedimenti ed a migliorare il complessivo rendimento dell'ufficio, tenendo conto delle risorse umane e di mezzi disponibili.
1.- Per quanto riguarda in generale la Corte di Cassazione, occorre muovere da quanto evidenziato dallo stesso Consiglio Superiore della Magistratura nell’allegato A della delibera relativa ai “programmi di gestione ex art. 37 d.l. n. 98/2011, convertito nella legge n. 111/2011”.
Ivi, infatti, a pag. 33 si afferma:
a) <<Va sottolineato che molti dei programmi presentati hanno puntato soltanto sullo smaltimento in termini percentuali, nella prospettiva del comma 12 dell'art. 37, in un'ottica distorta, o quantomeno parziale, della ratio dell'intervento legislativo, che evidentemente vuole progetti di smaltimento che incidano anche in termini qualitativi sulle pendenze, ad esempio abbattendole con riguardo alle cause più vecchie, a quelle più complesse e/o a quelle più delicate (sotto il profilo economico o degli interessi coinvolti), laddove la mera prospettiva numerica può indurre - come sembra avere indotto alcuni in questa prima fase - ad interventi sul contenzioso seriale o comunque più semplice>>, e, di seguito:
b) <<Anche per la Corte di Cassazione è stato redatto un programma di gestione, sebbene vi fossero dei dubbi interpretativi sulla applicabilità delle disposizioni contenute nell'art. 37 al giudice di legittimità, tenuto anche conto della peculiare natura del giudizio in relazione ai compiti di nomofilachia alla stessa attribuiti dall'ordinamento e che non agevolmente si conciliano con una gestione meramente quantitativa delle pendenze. Nel programma di gestione redatto dal Primo Presidente è stata fatta però una scelta in senso positivo per l'applicabilità della normativa in esame; si è sostenuto, infatti: «...nella consapevolezza che il fattore tempo è una delle condizioni, e non certamente l'ultima, del rendere giustizia, deve ritenersi che un'interpretazione sistematica del complessivo dettato normativo del citato arti. 37 e l'obiettiva esigenza, corrispondente ad un preminente e irrinunciabile interesse generale, che anche la Corte di Cassazione sia coinvolta a pieno titolo nel programma di riduzione del numero e della durata dei procedimenti civili, impongono di ritenere che le disposizioni richiamate trovino applicazione anche per i giudizi civili pendenti presso la Corte medesima».
Non sembra casuale che del programma della Corte si tratti subito dopo il richiamo alla ratio dell'intervento legislativo, <<che evidentemente vuole progetti di smaltimento che incidano anche in termini qualitativi sulle pendenze>>, evidenziandosi anche i dubbi interpretativi sorti <<sulla applicabilità delle disposizioni contenute nell'art. 37 al giudice di legittimità, tenuto anche conto della peculiare natura del giudizio in relazione ai compiti di nomofilachia alla stessa attribuiti dall'ordinamento e che non agevolmente si conciliano con una gestione meramente quantitativa delle pendenze>>.
Muovendo da tale premessa sarebbe opportuno ripensare il programma di <<smaltimento>> della Corte Suprema proprio in considerazione dei compiti di nomofilachia ad essa assegnati.
Qualche esempio per chiarire le proposte operative di seguito formulate:
11.- Forse per una fortunata combinazione (probabilmente dovuta alla norma che aveva imposto la sospensione della fissazione dei ricorsi proposti prima della l. n. 69/2009) oppure per lungimiranza del magistrato addetto allo “spoglio interno” alla sezione ordinaria, è stato tempestivamente fissato un ricorso proposto ex art. 111 Cost. contro un’ordinanza di inammissibilità (del 2010) di un’azione collettiva o di classe (art. 140 bis cod. cons.).
La Sezione, nei primi mesi del 2012, ha tempestivamente affermato l’inammissibilità del ricorso.
Ciò consentirà, da un lato, ai consiglieri addetti alla Sesta Sezione S1 di redigere relazione ex art. 380 bis c.p.c., con conseguente rapida definizione dei ricorsi già proposti nella stessa materia e, dall’altro (effetto da ritenere più rilevante in relazione al compito di nomofilachia) potrà dissuadere le parti dal proporre ricorsi che sono destinati ad una rapida definizione in camera di consiglio da parte della Sesta Sezione S1.
1.2.- Di recente, con tre sentenze deliberate nella stessa udienza, la Sezione ordinaria ha ritenuto di dovere mutare orientamento quanto alla legittimità della dichiarazione di fallimento pronunciata dallo stesso tribunale che, a seguito di desistenza del creditore, aveva trasmesso al P.M. la segnalazione di insolvenza ai sensi dell’art. 7 l. fall.
E’ noto che quasi tutti i giudici del merito avevano adottato tale ultimo indirizzo in contrasto con una pronuncia della S.C. del 2009.
In sede di “spoglio di Sesta” è emerso che risultavano proposti numerosi ricorsi (manifestamente fondati o manifestamente infondati) alla luce di tale ultimo indirizzo e avrebbero potuto essere rapidamente definiti in camera di consiglio se la questione – su istanza di un ricorrente che segnalava il “contrasto” anziché il mutamento di orientamento – non fosse stata rimessa alle Sezioni unite.
1.3.- Recentissimamente la Sezione ordinaria si è occupata per la prima volta ex professo dell’interpretazione dell’art. 91 T.U.B. come modificato nel 1996.
Si trattava di ricorso proposto nel 2006.
Ciò significa che non sempre le “questioni nuove” possono essere individuate nei ricorsi più recenti e che lo spoglio “interno” dovrebbe mirare maggiormente ai fini della “selezione” dei ricorsi che consentono l’esercizio della “nomofilachia positiva”
2.- Da quanto innanzi esposto si evince chiaramente la particolarità che dovrebbe assumere la programmazione ex art. 37 d.l. n. 98/2011 per quanto riguarda la Corte di Cassazione.
Infatti, è stata segnalata da più parti e, soprattutto, nei provvedimenti organizzativi emessi in sede di primo funzionamento della Sesta sezione civile, il rilievo che assume la “selezione” dei ricorsi ai fini di un corretto esercizio della funzione nomofilattica.
La “selezione” – certo – può essere intesa anche come “individuazione di ricorsi seriali di semplice definizione” da fissare prioritariamente ai mero di fine di “smaltimento quantitativo” dell’arretrato.
Ciò, tuttavia, confliggerebbe sia con la ratio dell’art. 37 – individuata dal CSM – <<che evidentemente vuole progetti di smaltimento che incidano anche in termini qualitativi sulle pendenze>>, sia con <<la peculiare natura del giudizio in relazione ai compiti di nomofilachia alla stessa (Corte Suprema) attribuiti dall'ordinamento e che non agevolmente si conciliano con una gestione meramente quantitativa delle pendenze>>, come si esprime l’allegato A alla delibera CSM.
Certo, è possibile coordinare la funzione di filtro con la selezione sia qualitativa che quantitativa dei ricorsi ma ciò presuppone un coordinamento “stretto” e “diretto” tra lo “spoglio di Sesta” e lo “spoglio interno” (con generoso scambio di informazioni – anche via e-mail – tra consiglieri, non solo limitato alle relazioni ma soprattutto alle questioni rimesse alla pubblica udienza), da un lato e, soprattutto, una visione “complessiva” dell’attività di ciascuna Sezione, posto che è noto che la Sesta è e rimane pur sempre una “sottosezione”.
3.- Conclusioni:
a) Conclusione imposta da tale ultima osservazione è che il risultato prefisso dalla programmazione va visto unitariamente (Sezione ordinaria + Sezione Sesta) per ciascuna Sezione ordinaria, anche perché il raggiungimento del risultato (anche quantitativo) della Sesta (nomofilachia negativa) è conseguenza diretta dell’ottimo lavoro (in senso qualitativo) svolto in Sezione ordinaria e, dall’altro, l’ottimo lavoro svolto in Sezione ordinaria (nomofilachia positiva) se influisce direttamente su qualità e quantità del lavoro svolto nella Sesta sezione è, a sua volta, influenzato dalla qualità dell’attività di “spoglio di Sesta”, oltre che dello “spoglio interno”.
b) Altra conclusione da trarre da quanto innanzi esposto è che la peculiarità dell’attività nomofilattica, la cui efficienza influisce sull’efficienza dell’attività dei giudici del merito, soprattutto quando la questione di diritto è nuova o controversa fra gli stessi giudici del merito, influisce direttamente ed immediatamente nell’attività di questi ultimi.
Si pensi, ad es., al nuovo art. 348-bis c.p.c. secondo il quale <<Fuori dei casi in cui deve essere dichiarata con sentenza l'inammissibilità o l'improcedibilità dell'appello, l'impugnazione è dichiarata inammissibile dal giudice competente quando non ha una ragionevole probabilità di essere accolta>>; si pensi agli esempi sopra esposti sub § 1 e agli effetti che la giurisprudenza di legittimità può esercitare sull’applicazione del nuovo istituto.
c) Una elevata produttività (solo in senso quantitativo) della Sezione ordinaria può addirittura influenzare negativamente la produttività (in senso quantitativo) della sottosezione Sesta della stessa sezione ordinaria.
E’ sufficiente solo un accenno alle conseguenze che potrà avere l’orientamento della Sezione ordinaria sul nuovo n. 5 dell’art. 360 c.p.c. sull’attività della Sesta sezione.
d) Una programmazione ex art. 37 dell’attività della Corte di Cassazione impostata esclusivamente in termini quantitativi non fornisce alcun contributo ai giudici del merito ai fini del raggiungimento dei risultati programmati da questi e, anzi, può solo creare nuovo contenzioso, ostacolando il raggiungimento del risultato previsto.
Antonio Didone
Addì 2 novembre 2012