Intervento di Alessandra Galli, figlia di Guido, in occasione della giornata della memoria celebratasi l'8 maggio 2010 al Quirinale. L'intervento è stato tenuto al cospetto del Capo dello Stato e delle massime autorità dello Stato o dei loro delegati.
Intervento per la giornata dell’8 maggio 2010
Ringrazio davvero sentitamente tutti coloro che tanto si sono adoperati per mantenere viva e diffondere la memoria sia di quei terribili anni di violenza che hanno avvolto la storia della nostra Repubblica , sia dei valori e dei moniti che proprio da quella funesta esperienza sono germogliati quali preziosi frutti di speranza .
Un particolare ringraziamento devo rendere anche alle varie associazioni dei familiari delle vittime del terrorismo e delle stragi che ci hanno fatto sentire meno soli e tanto si sono attivate sia per permettere la realizzazione del documentario VITTIME ,che avete in parte visto , sia per l’approvazione della legge 206/04 di tutela, anche economica , di tutte le vittime , tutela che ancora oggi stenta però a decollare ed essere egualitariamente applicata per varie difficoltà –già più volte segnalate – di tipo interpretativo e burocratico .
Riesco ora, con maggior maturità , distacco e calma interiore , aiutata in questo anche degli esempi di tanti altri orfani di vittime di quegli anni, a partecipare e condividere con altri, tutta la ricchezza di esempi , insegnamenti , affetto e serena fermezza che mio padre già era riuscito a trasmettermi .
Il suo assassinio ha travolto la mia realtà di vita di allora , ma ancor più l’ha fatto per i miei nonni, mia madre ed i miei fratelli più piccoli che ancora non erano riusciti a vivere con il papà quell’intensità di rapporti – anche intellettuali e spesso ricchi di contrasti e confronti – che invece io e mia sorella già avevamo potuto avere .
Quell’evento traumatico non ha creato in me , quale immediata reazione, l’idea di intraprendere la sua stessa professione , ma mi ha permesso di accostarmi a tanti suoi colleghi che vedevo svolgere con passione, dedizione, partecipazione e, sembra strano, entusiasmo il suo stesso lavoro , apparentemente incuranti dei rischi che ancora li circondavano mentre svolgevano le indagini ed i processi che poi hanno portato all’identificazione e condanna dei suoi assassini , molti dei quali già si erano macchiati dell’uccisione di Alessandrini .
Vedevo giovani uomini che a 30 anni già affrontavano con competenza , responsabilità ed equilibrio questo difficile e pericoloso lavoro esponendosi anche allo scherno che durante le udienze gli imputati rivolgevano loro.
Ho avuto modo di apprezzare la minuzia e caparbietà che mio padre dimostrava quando , spesso proseguendo il suo lavoro anche a casa, si misurava sulle tracce indiziarie il cui paziente e accurato lavoro di incastro e di vaglio critico lo portava a ritenere- con la serenità di chi sa di avere lavorato scrupolosamente - sostenibile un’accusa o provata una responsabilità .
Ho avuto modo di capire che il lavoro del magistrato , sia esso giudice o PM – ed il papà è stato entrambi , così come lo siamo stati io e mia sorella Carla che a sua volta è magistrato – è un lavoro che richiede pazienza , spirito critico , umiltà e che solo attraverso tali strumenti – uniti all’equilibrio – può portare ad avvicinarsi alla realtà di fatti , spesso dolenti , ai quali si è altrimenti estranei .
Ho avuto modo di comprendere che la giurisdizione è una funzione indispensabile per la collettività , che dovrebbe svolgere anche un ruolo riconciliativo e non solo punitivo, tra vittime, autori di reati o di illeciti ,e l’intera compagine sociale .
Ho capito che il lavoro che faceva con tenace convinzione mio padre e che tutt’ora svolgo io , è un lavoro insidioso , che può creare ingiustizie e torti e che pertanto richiede cautela e, torno a dirlo, umiltà nelle valutazioni .
Ho capito perché amava il suo lavoro e perché ha continuato a farlo con dedizione anche in quei terribili anni .
Questo ed altro ho imparato dalla vita e dall’uccisione di mio padre .
Sono quindi orgogliosa che proprio per queste doti il Presidente della Repubblica abbia individuato ,in occasione dell’incontro da poco tenutosi con i giovani magistrati , nella figura di mio padre, un modello professionale ed umano cui ispirarsi nell’intraprendere il difficile mestiere del magistrato .
La presenza qui, oggi, di Silvia e Federico Evangelista , anche loro orfani di un valido servitore dello Stato trucidato circa due mesi dopo l’assassinio di mio padre, il sapere che anche loro hanno seguito le tracce professionali di LORO padre mi porta a ritenere che questi uomini, barbaramente tolti alla vita ed alle loro famiglie ,già tanto hanno seminato e trasmesso e che ancora di più potranno trasmettere alle generazioni future .
Proprio preparando questo mio intervento ho trovato un libro che mi aveva regalato il papà quando avevo circa 10 anni e che ho letto tanto e tante volte con entusiasmo : è una raccolta illustrata di biografie di uomini che hanno dato tanto per la società e che rappresentano esempi di dedizione , impegno, altruismo , si intitola UOMINI COME NOI .
Mio padre non era un eroe e non voleva essere certo un simbolo , era UN UOMO , UN UOMO come tanti di noi , ma pienamente consapevole dei propri impegni e di cosa la società chiedesse , ALLORA , a lui, GIUDICE, impegnato in indagini di terrorismo : gli chiedeva di andare avanti , di inchiodare i responsabili per poter porre fine a quella stagione di sangue .
Lui ed altri che come lui hanno lavorato nel rispetto dei ruoli, delle leggi , dei principi costituzionali , dei diritti anche degli imputati, hanno reso possibile una risposta giudiziaria condotta nella legalità, secondo i principi dello Stato di diritto ,alla violenza terroristica e stragista. Questa risposta ,insieme alla reazione compatta e forte della collettività,ha permesso la sconfitta della logica della violenza ed il mantenimento dei principi democratici fondanti la nostra Costituzione .
Per questo non riesco ad accettare , e trovo profondamente ingiusta , la costante denigrazione che da tanti anni viene fatta del suo , e ora anche mio, lavoro , del suo , ed ora anche mio ruolo istituzionale .
La magistratura di ora è figlia di quella di allora , lo si deve ricordare .
A noi ora il compito di difendere il lavoro e onorare il sacrificio di chi in quegli anni violenti ha avuto razionalità, coraggio e senso di responsabilità , con gli unici strumenti veramente utili ed efficaci :dare l’ esempio nell’agire concreto – specie da parte di chi riveste alte cariche ed è maggiormente visibile – e coltivare, sempre , “ il vizio della memoria “ .
Alessandra Galli