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ANCORA SUL SISTEMA ELETTORALE PER IL CSM

Giovanni Tamburino


Anticipiamo la pubblicazione di un intervento del cons. Giovanni Tamburino, attuale presidente del Tribunale di Sorveglianza di Roma e  già Componente del C.S.M., che, insieme ad un saggio del prof. Salvatore Mazzamuto su proposte di modifica al sistema elettorale del Csm e alla sezione disicplinare,  è di imminente pubblicazione sulla nostra Rivista Giustizia Insieme (num. 1-2 del 2011).

1. – Perché una riforma elettorale.

 

La riforma del sistema elettorale dei componenti togati del CSM viene auspicata non come strumento di crescita della qualità degli eletti o di migliore democrazia nella provvista dell’organo, ma come intervento finalizzato alla riduzione del correntismo [Questo, a sua volta, è descritto come una degenerazione delle prassi della quale sarebbero sintomi rivelatori la debolezza di chi amministra, il clientelismo delle scelte, le violazioni delle regole di imparzialità ed efficienza, spesso censurate dal giudice amministrativo. Si mette in evidenza il prevalere di logiche amicali e/o clientelari che porta all’inquinamento dei comportamenti consiliari. Ciò si rivela, ad es., nella inadeguatezza della gestione della carriera dei magistrati apparendo inverosimile che salvo rarissime eccezioni tutti meritino la progressione sino ai livelli più elevati, nella scelta dei capi degli uffici conforme talora a logiche lottizzatorie o spartitorie, nella giurisprudenza della Sezione Disciplinare non esente da indulgenze poco comprensibili] identificato come la peggiore tara del CSM.

La descrizione del difetto è talora polemica ed esagerata. Tuttavia talune decisioni del CSM hanno sconcertato anche osservatori non prevenuti rivelando logiche interne non lineari né trasparenti. E ciò è accaduto non come "rara avis", ovvero eccezione che conferma la regola di comportamenti di segno opposto, ma con frequenza tale da rendere ingiustificata qualunque sottovalutazione [A chi riconosce nel CSM il vizio della chiusura corporativa che lo porta a difendere posizioni di privilegio dei magistrati e a non colpirne abbastanza le mancanze si contrappone chi ritiene che il CSM sbagli nel senso opposto non tutelando abbastanza una categoria aggredita da una politica ostile e onnivora. A mio parere queste diverse valutazioni dell’operato consiliare non sono incompatibili].

L’errore peggiore che possono fare i magistrati e le loro associazioni è prendersela con chi denuncia il difetto soffermandosi sui toni o le finalità: anche quando i primi fossero eccessivi e le seconde ostili, resta vero che il correntismo offusca la credibilità del CSM e che dal CSM dipende la magistratura: l’uno è essenziale alla tenuta dell’altra.

 

Questo scritto muove dalla convinzione che la tossina è presente nel circolo del CSM e che occorre combatterla sino ad estirparla. Ma tale convinzione nulla toglie al dovere di usare discernimento quando si tratta di decidere se e come operare una riforma elettorale del CSM.

Dobbiamo porci quattro domande che schematizzo come segue:

1) il correntismo può trovare rimedio attraverso un qualsiasi sistema elettorale?

2) in caso di risposta affermativa, il correntismo è riconducibile a uno specifico sistema elettorale, talché un sistema diverso lo attenuerebbe?

3) può escludersi che un diverso sistema elettorale produca altri difetti, altrettanto o più gravi?

4) la natura e le funzioni del CSM accettano qualunque sistema di scelta dei componenti?

Solo se si risponde affermativamente a tutte le domande – almeno in termini di plausibilità – ha senso una modifica.

 

2. – La lezione del passato.

 

Nulla ci consente di credere che una riforma elettorale possa risolvere il problema di cui stiamo parlando. Ed anzi le numerose riforme reiteratesi nel corso della vita del CSM sono convincenti in senso contrario.

Nessuno si è cimentato nell’impresa di dimostrare che l’una o l’altra di quelle riforme abbia inciso sul vizio del “clientelismo”, pur identificato da decenni tra i difetti del CSM. Del resto, come misurare un collegamento – non fondato soltanto su mere impressioni – tra metodo elettorale e atteggiamenti di imparzialità e di correttezza degli eletti?

Il sistema elettorale deve far corrispondere il risultato della competizione alla volontà degli elettori. Solo questa deve esserne la finalità: sempre, se si vuole rispettare il principio di democrazia, ma specialmente riguardo alla elezione del CSM. La quale non prelude né alla costituzione di un governo politico né alla definizione di maggioranze più o meno stabili né alla costruzione di una obbligazione di fedeltà politica degli elettori.

Lo scopo del CSM, indicato dalla descrizione delle sue caratteristiche, dai suoi compiti, dalla non rieleggibilità dei suoi componenti, è di fornire garanzia affinché la magistratura sia “indipendente da ogni altro potere” [Il Costituente aveva dinanzi agli occhi la condizione della magistratura nel regime fascista. Ma la tentazione del potere politico di condizionamento della magistratura non è un retaggio storico e nemmeno è presente soltanto nei regimi autoritari. Essa è risorgente e probabilmente perenne. In Italia la abbiamo di nuovo incontrata nel tempo dei governi craxiani (si veda G. Galloni, Da Cossiga a Scalfaro, La Vicepresidenza del CSM nel quadriennio 1990-1994, Ed. Riuniti 2011) e l’attualità offre ancora prove palesi dell’insofferenza del potere politico per i controlli di legalità].

 

Si tratta allora di assicurare, attraverso il sistema elettorale, la correttezza della formazione del voto e la rispondenza tra volontà dell’elettore ed esito della votazione. Qualunque manipolazione, sia pure finalizzata ad ottenere nobili risultati (o tali ritenuti), altera la volontà dei magistrati. E ciò è quanto non deve avvenire perché a loro resta affidata, nel momento elettorale, la tutela della indipendenza dell’ordine giudiziario.

E’ certamente vero che l’intero ordinamento – Parlamento, Corte costituzionale, Presidente della Repubblica – concorre a tale tutela.

Ma nel momento della elezione dei componenti togati del CSM nessuno può sostituirsi agli elettori-giudici; nessun meccanismo può alterarne la volontà senza con ciò stesso mettere a rischio l’indipendenza voluta dalla Costituzione [Di qui la mia contrarietà verso le cd. "quote di risultato" legate al sesso o a qualunque altra caratteristica del candidato per la ingiustificabile alterazione della volontà dell'elettore].

 

Dunque, il collegamento tra voto ed esito della consultazione è essenziale a determinare al tempo stesso la legittimazione democratica del CSM e la sua conformità alla Costituzione [Il profilo della indipendenza cd “interna” è diverso da quello della indipendenza “esterna”, quest’ultima attenendo al risultato della indipendenza di ogni singolo magistrato e quindi della magistratura, la prima alla circostanza che i casi vengano affidati al magistrato predeterminato secondo criteri obiettivi e non secondo scelte pilotate. Mi sembra evidente che se, però, questo magistrato non fosse indipendente rispetto a interferenze esterne o se la sua indipendenza non fosse garantita, l’attribuzione degli affari oggettiva e predeterminata sarebbe inutile ed anzi potrebbe risolversi in un piacere fatto a chi vuole interferire sull’esito della controversia. Dunque i due tipi di indipendenza vanno tenuti ben distinti senza dimenticare che proprio il CSM come lo conosciamo, il CSM eletto dai magistrati, ha posto per primo ed ha risolto in ampia misura il problema della indipendenza “interna”].

Peraltro il meccanismo nulla ci dice sui comportamenti degli eletti singolarmente e sul complessivo funzionamento dell’organo.

 

Chi propone una riforma dovrebbe poi passare dal discorso sui principi al piano della concretezza, distinguendo i diversi CSM e le prassi di funzionamento di ognuno per identificare l’ipotetica correlazione tra prassi e sistema elettorale che ha determinato la provvista di quello specifico CSM.

Ora può ammettersi che non tutti i Consigli siano stati identici quanto a capacità di reazione al correntismo, tanto da rendere opinabile se con il trascorrere delle consiliature vi è stato al riguardo un peggioramento o un miglioramento, ma non si conosce un criterio di attribuzione degli ipotetici miglioramenti o peggioramenti al metodo di elezione piuttosto che ad altri fattori.

D’altronde i fattori “altri” non vanno sottovalutati. Sempre rilevante spesso decisivo è il fattore personale. Il CSM è un collegio ristretto (nella massima estensione 20 togati eletti) dove sono sufficienti poche voci per modificare il timbro complessivo del “coro”.

Tutto ciò per segnalare la difficoltà di dare fondamento razionale alla relazione correntismo/modo di elezione dei rappresentanti togati.

 

3. – Le leggi elettorali.

 

Facendo un passo ulteriore in direzione dell’auspicabile concretezza si dovrebbe inoltre riconoscere che i sistemi elettorali sono scarsamente predittivi. Affermazione assiomatica se è vero che ognuno ha esperienza della difficoltà di prevederne gli esiti. Agguerrite agenzie che operano attraverso sofisticati apparati incorrono in clamorosi abbagli.

E se grandi esperti sbagliano, noi stessi abbiamo vissuto l’esperienza di una riforma fatta per cancellare il Movimento per la Giustizia dal CSM e che invece determinò effetti di sovra-rappresentazione. Esperienza gradevole per noi, ma che all’autore della “furbata” si dice sia costata una fuga lungo i corridoi di via Arenula ad evitare l’ira del committente.

Tutto ciò non mi sembra estraneo al tema perché ci indica che non è nemmeno verosimile che un sistema elettorale finalizzato a un determinato risultato sia in grado di ottenerlo.

Spesso ne scaturiscono effetti imprevedibili secondo una eterogenesi dei fini sulla quale occorre riflettere [Sui diversi sistemi elettorali del CSM succedutisi nel tempo e sulle loro implicazioni, v. A. CONDORELLI, Problemi e prospettive di riforma del sistema elettorale del CSM, in questa Rivista, 2/3 del 2009, pag. 37 ss.].

 

Ad esempio, il sistema che regola le elezioni politiche generali, presentato come reazione al “partitismo” (fenomeno che presenta vaghe analogie con il “correntismo”), è divenuto noto con un nome ["Porcellum", termine coniato da uno dei principali autori della riforma elettorale] evocativo dell’animale impuro nella tradizione ebraico-mussulmana ed ha prodotto la degenerazione dei mali del partitismo essendone uscita una rappresentanza che a giudizio comune non ha avuto eguali in termini di servilismo.

In queste settimane si tenta di reagire alla bassezza cui è giunta la immagine mondiale del nostro panorama politico [Queste affermazioni possono sembrare eccessive, ma purtroppo rispecchiano l’immagine del nostro Paese e non sono più soltanto appannaggio dell’opposizione politica, ma anche di molti altri. Un noto industriale l’1 ottobre 2011 ha acquistato un’intera pagina nei più diffusi quotidiani per una pubblica denuncia contro i politici “contraddistinti per la totale mancanza di competenza, di dignità e di amor proprio”, tale da meritare di “vergognarsi”. Nello stesso giorno un altro appello ha riempito le pagine dei quotidiani additando nella maggioranza del Parlamento comportamenti offensivi “del comune sentimento del pudore politico”, con parlamentari che abdicano alla dignità personale e, attraverso la falsità e il servilismo più smaccati, “non esitano a compromettere nel discredito, oltre a se stessi, anche le istituzioni parlamentari e, con esse, la democrazia”. L’appello è stato redatto da un grande giurista, già presidente della Corte costituzionale]. Si è raccolto oltre un milione duecentomila firme contro quel sistema e per ripristinare una maggior correlazione tra elettore ed eletto, essenza del criterio di democrazia rappresentativa.

 

Nemmeno queste vicende sono estranee all’argomento: perché ci ammoniscono a non cercare panacee attraverso i sistemi elettorali. Anche le migliori intenzioni (supposto che siano sincere, il che per la verità richiede un grandissimo atto di fede) franano nei peggiori esiti. E’ necessario che il sistema elettorale sia assunto per quello che è: metodo di rispondenza tra volontà dell’elettore e risultato della competizione, senza caricarlo di compiti tanto impropri quanto avventurosi ed inverosimili.

Il correntismo può infatti rigenerarsi quale che sia il sistema elettorale ed è persistito attraverso i vari sistemi, talora rafforzandosi e consolidandosi quando si immaginava che il sistema elettorale avesse creato un antidoto.

Ciò che occorre non è l’azzardo di una ingegneria diretta alla manipolazione del voto, bensì la continuità di una battaglia: da combattere anzitutto sul piano etico-culturale, ma anche incidendo sull’elettorato attivo e passivo, limitando, come peraltro già si è fatto con indubbia efficacia, il numero delle preferenze, richiedendo requisiti ai candidati, rafforzando la libertà di voto, potenziando lo strumento disciplinare, rilanciando il controllo deontologico pre- e preter- disciplinare affidato a codici etici, ripulendo il CSM da compiti superflui e dalla bulimia dei poteri discrezionali. Così – quale che sia il sistema elettorale – il male del correntismo potrà regredire.

E’ infatti sbagliato parlare di ineluttabilità.

Se è vero che la radice della deviazione sta nell’associazionismo giudiziario, la stessa radice, grazie alla vitalità critica, produce anticorpi contro le tendenze a invadere il terreno istituzionale, le attese o pretese di “ricompensa” per l’attività associativa e gli appetiti spartitori. Occorre essere troppo ingenui per non vedere la tendenza delle correnti a tralignare, ma occorre essere troppo cinici per non vedere la produzione di reazioni nei luoghi di confronto aperto e di scontro trasparente. Non vi è nulla di fatale ed ineluttabile, nulla di definitivo o immodificabile.

 

4. – Il sorteggio.

Un discorso a parte richiede l’ipotesi di provvista del CSM mediante sorteggio [Qui non distinguo tra sorteggio prima o dopo il voto. Ai fini del discorso o il sorteggio non incide, e allora i rischi del correntismo restano, o incide, e allora vanifica il voto].

Non vi è dubbio che l’estrazione a sorte dei papabili e/o degli eletti colpirebbe alla radice la presa delle correnti sul CSM nel memento del rinnovo ed anche durante la sua vita. Sotto questo profilo il sorteggio dei componenti togati darebbe un colpo effettivo al correntismo.

L’affermazione non contraddice però quello che ho sostenuto finora circa l’inidoneità del sistema elettorale a garantire la crisi del correntismo.

Non la contraddice perché qui non si sarebbe in presenza di un sistema elettorale, bensì della sua negazione. La casualità, il rinvio al fato non è “elezione”, bensì il suo opposto.

Sappiamo che l’estrazione a sorte è adoperata, per talune finalità, entro certi limiti e con determinati criteri di temperamento, in situazioni in cui occorre valorizzare l’immagine di terzietà, di indipendenza e di eguaglianza. Alcuni organi giudiziari vengono composti in questo modo e, oltre tutto, si tratta di quelli competenti per i reati di maggior gravità (Corte costituzionale in composizione allargata e Corti di Assise e di Assise di Appello). Dunque, il sorteggio in sé non merita nessun anatema perché assicura taluni effetti utili.

Si tratta di chiedersi [E’ la quarta domanda del paragrafo 1] – al di là di questioni di legittimità (la scelta per sorteggio sembra confliggere con la Costituzione essendo una non-elezione) – se questo metodo sia auspicabile quando si debba provvedere alla scelta dei componenti di un organo come il CSM.

Anzitutto poiché il sorteggio è proposto soltanto per la scelta dei componenti togati i rischi di correntismo potrebbero esaltarsi in direzione di un “correntismo” politico.

In secondo luogo l’argomento secondo cui qualunque magistrato, essendo legittimato a giudicare e condannare, è anche in grado di rivestire degnamente il ruolo di consigliere superiore, è alquanto rozzo. L’ottimo chirurgo non è per ciò stesso in grado di amministrare un ospedale né l’eccellente professore di dirigere l’università o il bravo giornalista di dirigere la testata dove scrive.

Il sorteggio realizza, secondo regola statistica, la scelta di consiglieri conformi alla capacità media dei magistrati. Capacità media nella quale sicuramente non è compresa l’idoneità ad amministrare un organo come il CSM.

Inoltre nessun sorteggio può escludere la scelta di magistrati al di sotto della media con la conseguenza che l’organo di rilievo costituzionale potrebbe essere affidato a personaggi inadeguati, senza potere in nessun modo rimediare.

Per colmo di ipocrisia dovrebbe dirsi che costoro sono legittimi rappresentanti della magistratura. Ma legittimati da che cosa? Dal tiro dei dadi?

Basta questo per comprendere, mi sembra, che il metodo priverebbe di consistenza la componente togata del CSM ed indirettamente il CSM.

Qui sta la ragione del rifiuto da opporre a un sorteggio che avesse rilievo sulla scelta dei componenti: ne uscirebbe un organo debole, privo di rappresentatività, senza legittimazione democratica, politicamente dissanguato [di fisiologica “connotazione politica” del CSM parla G. FERRI, in Problemi e prospettive di riforma del sistema elettorale del CSM, cit., pag. 47].

E’ proprio ciò che va evitato.

Se finalità del CSM è la tutela della indipendenza della magistratura, il CSM deve essere forte sul piano della legittimazione.

Dalla politica provengono i rischi maggiori per la indipendenza. Per questo il Costituente ha voluto il CSM sorretto dalla magistratura, tutta la magistratura, con le sue idee e i suoi uomini migliori.

L'indipendenza della Magistratura non è fatta per i giudici, ma per la società ed i cittadini. Nel momento della scelta della rappresentanza consiliare, essenziale al fine della concreta realizzazione di tale tutela, la volontà dei magistrati-elettori non solo deve essere libera di esprimersi, ma anzi deve esprimersi con il massimo della forza.

Il CSM in tanto può realizzare la funzione di tutela in quanto incorpori la volontà della magistratura traendo da ciò la sua legittimazione. E dunque, nemmeno se il metodo del sorteggio desse la certezza di eliminare il correntismo potremmo ritenerlo accettabile.

 

7 ottobre 2011

Giovanni Tamburino

Presidente del Tribunale di Sorveglianza di Roma

Già componente del CSM

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