PILLOLE DI QUOTIDIANA ORDINARIA FOLLIA DEL SISTEMA GIUDIZIARIO…
(Confidando che il Cittadino sappia, e il Legislatore batta un colpo … nella direzione giusta …) ….tra processo breve e gimkana quotidiana.
Sono un consigliere di una sezione penale della Corte di cassazione... ... Ho appena finito di preparare un’udienza dei processi che finiscono alla sezione delle inammissibilità. A me, per quell’udienza, ne sono assegnati 51. Il collegio è composto dal presidente e da quattro consiglieri. Mi sono organizzato: fascicoletti, con sentenze impugnate e ricorsi, da un lato della scrivania; video del computer dall’altro; nel video tre file aperti contemporaneamente, quello delle sentenze proprio del computer fisso, quello delle stesse sulla ‘pennetta’ per il successivo trasferimento sul portatile, quello con gli schemi di base relativi ai casi ripetitivi che possono verificarsi. Insomma, sarebbero moduli, ma l’uso dell’informatica li nobilita...
1. Sono un consigliere di una sezione penale della Corte di cassazione.
La Corte di cassazione, secondo l’ordinamento giudiziario, ‘quale organo supremo della giustizia assicura l’esatta osservanza e l’uniforme interpretazione della legge, l’unità del diritto oggettivo nazionale, il rispetto dei limiti delle diverse giurisdizioni; regola i conflitti di competenza e di attribuzioni, ed adempie gli altri compiti ad essa conferiti dalla legge’.
Le Corti supreme degli altri Paesi, con competenze analoghe pur nei diversi sistemi, producono all’anno tra le 400 e le 3000 sentenze.
Secondo i dati ufficiali, nel 2010 la nostra Corte di cassazione, con un organico che dovrebbe essere – per il civile ed il penale insieme – di 303 magistrati, ma al 31.3.2011 ha 71 ‘vacanze’ e quindi presenta allo stato una scopertura di circa il 23,43%, ha definito, solo per il settore penale, 47.149 processi, con 25.471 sentenze e 21.678 ordinanze. Facciamo 303 – 71 : 2, dividiamo 47.149 per il risultato, e avremo una media molto approssimativa ma significativa del carico/persona.
La Corte di cassazione non può modificare il contenuto delle sentenze. O accoglie il ricorso, annullando senza o con rinvio la sentenza impugnata, o lo rigetta o dichiara inammissibile.
Dei 47.149 provvedimenti appena ricordati, 30.352 sono stati di inammissibilità, 7.811 di rigetto, 4.321 di annullamento con rinvio e 3.477 di annullamento senza rinvio.
Quindi, il 64% di ricorsi sono stati dichiarati inammissibili; alcuni in udienza ‘normale’, dopo la discussione partecipata dalle parti, altri in udienze speciali fissate in una sezione apposita dove per legge confluiscono i ricorsi che, alla loro prima lettura, con immediatezza si presentano come inammissibili (ferme le possibilità, per la parte interessata, di chiedere la trattazione davanti alla sezione che sarebbe competente in relazione alla materia del reato specifico e, per gli stessi giudici della sezione speciale, di disporre ciò d’ufficio).
2. Ho appena finito di preparare un’udienza dei processi che finiscono alla sezione delle inammissibilità. A me, per quell’udienza, ne sono assegnati 51. Il collegio è composto dal presidente e da quattro consiglieri.
Mi sono organizzato: fascicoletti, con sentenze impugnate e ricorsi, da un lato della scrivania; video del computer dall’altro; nel video tre file aperti contemporaneamente, quello delle sentenze proprio del computer fisso, quello delle stesse sulla ‘pennetta’ per il successivo trasferimento sul portatile, quello con gli schemi di base relativi ai casi ripetitivi che possono verificarsi. Insomma, sarebbero moduli, ma l’uso dell’informatica li nobilita.
Si inizia, apertura fascicolo, lettura indicazioni del collega che ha fatto il cosiddetto ‘spoglio’ (cioè la valutazione iniziale al momento dell’arrivo in sezione), lettura della sentenza e del ricorso, individuazione della tipologia di caso ripetitivo, verifica della concordanza o meno con la valutazione del collega, scelta della soluzione da proporre al collegio, apertura file con lo schema adeguato, salvataggio in file autonomo con nome dello specifico ricorrente, inserimento dei dati individualizzanti il caso, salvataggio del file nella cartella sentenze del computer, chiusura del file, spostamento con il mouse del file dalla cartella computer fisso alla cartella ‘pennetta’ (già, questa è la ragione della contemporanea apertura delle tre cartelle sul video), avanti con il prossimo.
Attenzione! Tranquillizziamoci: nessun timore per violazione dei diritti lavorando così (e comunque c’è, sempre e in ogni caso, la lettura e valutazione dello ‘spogliatore’, quella del ‘relatore’ e del ‘presidente’, con la segnalazione al collegio di ogni caso con un minimo di dubbio), perché il tenore medio di questi ricorsi è: patteggiamenti davanti al giudice del merito e ricorsi che deducono ‘mancata motivazione dell’art. 129 c.p.p. ’ o ‘pena eccessiva’ (sì, proprio quella appena patteggiata volontariamente); riproposizione di motivi già disattesi specificamente dai giudici d’appello, o affermazioni apodittiche, con argomentazioni del tutto generiche, qualcuna con lunga trascrizione di massime giurisprudenziali poggiate sul nulla, nel senso che il ricorso potrebbe andar bene per qualsiasi caso perché non fa alcun riferimento specifico al caso concreto né, tantomeno, ai ‘vizi’ che, soli, potrebbero giustificare il ricorso per cassazione.
Si procede. Avanti il prossimo, avanti il prossimo, avanti quello dopo. Il corpo è sempre più insaccato nella sedia, ma di questo me ne accorgo bene solo alla fine.
Ad un certo momento sento un disagio confuso, che cresce ‘vieppiù’. Poi capisco: alcuni ricorsi sono di tale inconsistenza che se scrivessi a mano ‘in calce’ all’atto, farei prima, piuttosto che adattarvi uno schema informatico predisposto. E allora comprendo anche meglio, mentre – lo confesso – un certo rancore sta montando dentro di me: il mio subconscio si stava chiedendo, e ora finalmente me lo chiedo anch’io, cosa sto facendo. La risposta mi stordisce: sostanzialmente sto riempiendo moduli e spazzando carte. Ma come, sono arrivato in Cassazione per riempire moduli??? Ma “l’esatta osservanza e l’uniforme interpretazione del diritto”? L’ “oggettiva unità del diritto nazionale”?
Quando ho finito, sono quasi isterico.
Per rilassarmi, mi concentro su una motivazione problematica di un processo che abbiamo deciso nell’ultima udienza cui ho partecipato, e dovendo impegnarmi in un ragionamento complesso ed in una stesura attenta al significato effettivo dei singoli passaggi, logici e giuridici, torno al senso, e al gusto, del mio lavoro giudiziario.
Ovviamente, questo lavoro ‘modulistico’ mi ha impedito di anticipare i tempi dello studio di un processo molto complesso che ho in ruolo tra un po’.
3. La quantità di ricorsi penali di questo genere (si è visto, oltre 30.000 l’anno scorso, anche se il tema riguarda qui specificamente e solo le inammissibilità che già nascono clamorose ed evidenti a tutti) è tale per cui anche se lo ‘spoglio’ è fatto appena il singolo fascicolo arriva in Corte di cassazione dalle Corti d’appello, l’udienza che dichiara l’inammissibilità non può essere fissata prima di alcuni mesi. Del resto ben comprendo anche che non si può pretendere che la Corte di cassazione rallenti il lavoro sui ricorsi seri, per dare priorità assoluta a quelli inconsistenti.
Così, però, chi fa il ricorso sapendo perfettamente che lo stesso è inammissibile, alla fine ottiene quel che si propone: posticipare il passaggio in giudicato di una sentenza di condanna per un tempo che va dalla pronuncia della sentenza d’appello alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso (tenendo presente che vi sono i tempi per la redazione della sentenza d’appello, per la notifica dell’avvenuto deposito all’imputato che quasi sempre è – per scelta difensiva o realtà – contumace al processo d’appello, per la preparazione del fascicolo e per la spedizione in cassazione) e che di fatto è dai 5/6 mesi a più di un anno.
4. Fare ricorso contro ogni sentenza è un diritto riconosciuto oggi dall’art. 111 della Costituzione.
Fare un ricorso pretestuoso o palesemente infondato è un modo di esercitare quel diritto, che normalmente risponde all’esigenza pratica di non mandare subito in giudicato la sentenza e non cominciare a scontare subito la pena.
Questa esigenza pratica è comprensibile, a volte risponde anche a ragioni umanamente comprensibili, ma non è un’esigenza tutelata dal diritto. Non esiste, cioè, un ‘diritto’ a posticipare il giudicato. Si approfitta delle disfunzioni del sistema, per ottenere quel risultato concreto che interessa nei fatti. Ma non si esercita un diritto. E si contribuisce a far saltare il sistema già agonizzante (provate a pensare che ogni ricorso prevede una registrazione in appello, la formazione di un fascicolo, la sua spedizione, la registrazione in cassazione, la formazione di un fascicolo di cassazione, la gestione in cancelleria prima durante e dopo il provvedimento che verrà adottato): lavoro, costi, impegno della struttura, in un sistema dove organico del personale, sopravvenienze e pendenze sono variabili indipendenti.
Ed allora sarebbe necessario che il nostro Legislatore, quello che passa tre giorni consecutivi anche in seduta notturna per dare un ritocchino al ribasso della prescrizione per i formalmente incensurati (anche se un paio d’anni prima ha fatto una legge dicendo che l’incensuratezza per sé non conta nulla quando il giudice deve decidere se riconoscere o meno all’imputato le attenuanti generiche, e questa legge rimane così) facesse una scelta, se del caso opportunamente sollecitato e stimolato dal nostro Ministro:
- o si decide che il sistema così non può andare oltre, perché anche ulteriori provvedimenti organizzativi interni alla Corte, già in corso e prossimi, non sono in grado di influire sulla quantità dell’afflusso, perché ogni ottimizzazione delle risorse ha un punto limite, e si interviene con delle norme adeguate a ridurre l’afflusso non giustificato (tra le tante: 1- impossibilità dei ricorsi personali, che oggi vengono scritti dagli avvocati non cassazionisti e fatti firmare agli imputati, con ricorsi ammissibili solo se redatti da avvocati abilitati all’esercizio in cassazione; 2- accesso degli avvocati all’albo dei cassazionisti non solo a seguito dell’anzianità maturata; 3- sospensione temporanea dall’albo degli avvocati cassazionisti che abbiano visto dichiarare inammissibili dalla sezione speciale un numero X di propri ricorsi; 4- restituzione al giudice del provvedimento impugnato della possibilità di dichiarare l’inammissibilità dei ricorsi nei casi eclatanti e oggettivi, come il ricorso presentato fuori termine o da soggetto diverso dall’avvocato iscritto all’albo dei cassazionisti; 5- esclusione dei casi di ricorso avverso provvedimenti diversi dalle sentenze e dalle misure cautelari personali, che non incidano con immediatezza sulla libertà o il patrimonio: ad esempio, che senso ha prevedere, come è oggi, il ricorso per cassazione della persona offesa cui non è stato dato l’avviso della richiesta di archiviazione da parte del pubblico ministero, anziché il semplice reclamo al gip, posto che la lamentela se fondata è pacifica, il gip provvede subito, la Cassazione dopo un anno?; 6- la modifica dell’art. 111 della Costituzione o dell’art. 606 c.p.p.. Si tratta comunque di rimedi che ben possono essere discussi e condivisi con l’Avvocatura);
- oppure si dota la Corte di cassazione di personale (diverso da quello che attualmente lavora nelle Cancellerie, già pieno del lavoro che questo carico, impressionante per tutti i giuristi non italiani, genera) selezionato tra neolaureati, che assista i consiglieri della Corte per la predisposizione dei provvedimenti routinari e per le ricerche dottrinarie e giurisprudenziali eventualmente necessarie;
- se poi si fa l’uno e l’altro, sarebbe ancora meglio.
Se Legislatore ed Esecutivo, in questa situazione, non fanno alcunché, i Cittadini dovrebbero essere informati che la corda sta per spezzarsi, e che la responsabilità è di chi, sapendolo o dovendolo sapere e avendo in esclusiva i poteri e le competenze per intervenire, non lo fa.
Per chiederne conto.
carlo citterio
21.5.11