Proc. n. 59/2003 R.G. - Sentenza del 21.11.2003/29.9.2004 n. 121/2003 Reg. dep. Presidente Rognoni - Estensore Salmé.
Doveri del magistrato - Correttezza - Motivazione di provvedimenti - Espressioni offensive - Elemento soggettivo - Esclusione - Illecito disciplinare - Insussistenza.
Non costituisce illecito disciplinare la condotta del magistrato che in due atti di impugnazione avverso due ordinanze del tribunale di riesame abbia inserito frasi oggettivamente offensive, qualora la redazione dei predetti atti, avvenuta in un momento di grave stress causato dal prolungato impegno lavorativo profuso dall'incolpato, sia da collegare ad un temporaneo abbassamento della soglia di attenzione e di autocontrollo e, quindi, non sia collegabile a una consapevole manifestazione di volontà di offendere il collegio giudicante.
i n c o l p a t o
della violazione dell'art. 18 R.D.L. 31 maggio 1946, n. 511, per aver gravemente violato il dovere di correttezza nei confronti dei colleghi rendendosi immeritevole della fiducia e della considerazione di cui il magistrato deve godere e così compromettendo il prestigio delle funzioni giudiziarie esercitate.
Il dott. ********, nella qualità di Sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di ....., nell'ambito del procedimento penale a carico di ------ ed altri, redigeva due distinti atti di ricorso per Cassazione, rispettivamente del 3.12.2001 e del 10.12.2001, avverso le ordinanze 30.11.2001 e 5.12.2001 emanate dal Tribunale di quella città in funzione di giudice del riesame delle misure cautelari reali e personali, facendo reiterato uso di espressioni gravemente offensive, insinuanti ed irridenti nei confronti dei componenti il collegio giudicante, di gran lunga eccedenti la normale dialettica giudiziaria e chiaramente finalizzate a screditarne l'immagine professionale.
Ed invero si afferma negli scritti di che trattasi che il Tribunale:
"scandalosamente ha sostenuto, nei confronti del °°°°°, l'insussistenza di gravi indizi perché egli non gestirebbe direttamente le cooperative. Si assiste così al singolare fenomeno del giudice che non crede nemmeno alla confessione dell'indagato che conferma gli elementi dell'accusa. Certo, una conferma dell'ordinanza del GIP avrebbe sortito effetti gravi e cioè l'indagine successiva circa il coinvolgimento dei vertici """ - di tale YYY si è detto da parte degli indagati negli interrogatori - e soprattutto circa i motivi per i quali numerosi pubblici ufficiali, pure posti formalmente a conoscenza di ciò che accadeva, non hanno mai segnalato alcunché all'autorità giudiziaria".
Si sostiene, altresì che sarebbe valsa "la pena di eseguire debiti approfondimenti" sui "motivi" che avevano portato il Tribunale ad ignorare alcuni elementi processuali; che il Tribunale sarebbe incorso in un grave "errore tecnico giuridico… per la prima volta proprio in questo procedimento, dai contorni sempre più allarmanti nel loro fitto mistero"; che (con evidente allusione ad un possibile preconfezionamento delle decisioni) sospette apparivano le doti di "celerità con le quali erano state redatte dal Tribunale "sette lunghe ordinanze".
Ampi stralci dei ricorso del P.M. venivano pubblicati sul quotidiano "§§§§§§§" del 9.12.2001.
Svolgimento del procedimento
Con nota del 17 dicembre 2001 il dott. XXXXX, presidente di sezione del tribunale di _______, ha trasmesso al presidente dello stesso tribunale copia di due ricorsi per cassazione proposti dal sostituto procuratore della Repubblica di ....., dott. ********, avverso ordinanze emesse dal tribunale del riesame, contenenti espressioni ritenute lesive del prestigio del tribunale e della dignità ed onore dei singoli componenti del collegio.
La nota è stata trasmessa in data 12 gennaio 2002 dal presidente della corte d'appello di ________ al Csm e al procuratore generale della repubblica presso la Corte di cassazione, il quale, in data 30 dicembre 2002 ha promosso l'azione disciplinare, contestando al dott. ******** l'illecito in rubrica specificato.
Interrogato dal p.g., l'incolpato ha prodotto numerosi documenti. Ha dichiarato che non intendeva fare affermazioni scorrette nei confronti del collegio, ma criticare, anche con durezza, i provvedimenti che a suo avviso non avevano considerato tutti gli elementi addotti dal p.m. e condivisi dal g.i.p., nei provvedimenti cautelari annullati dal tribunale per il riesame. A dimostrazione dell'assenza di qualsiasi intento offensivo l'incolpato ha dedotto che il relatore dei provvedimenti oggetto dei ricorsi per cassazione era suo amico, anche per essere stato in precedenza suo compagno di scuola. Ha inoltre dedotto che nel periodo in cui aveva svolto le funzioni a ....., dove aveva preso possesso come prima sede, in età molto giovane, aveva svolto una notevole mole di lavoro, si era trovato a svolgere funzioni di dirigente dell'ufficio, era stato applicato alla DDA di _________, aveva subito minacce a seguito delle quali era stato sottoposto a tutela. In oltre 70 impugnazioni proposte non gli era mai capitato di andare oltre le righe, come a posteriori ammetteva di avere fatto nei due ricorsi di cui è processo a causa del particolare stato di stress in cui si trovava.
In esito all'istruttoria il p.g. ha chiesto la fissazione dell'odierna udienza di discussione, in prossimità della quale il dott. ******** ha depositato memoria con allegata copiosa documentazione.
Motivi della decisione
1. Al dott. ******** è stata contestata la violazione del dovere di correttezza nei confronti dei colleghi per avere fatto reiterato uso di espressioni gravemente offensive, insinuanti ed irridenti nei confronti del collegio giudicante, in due ricorsi per cassazione proposti avverso provvedimenti del tribunale del riesame di ________, redatti il 3 e il 10 dicembre del 2001. La vicenda processuale nell'ambito della quale i fatti contestati si inseriscono è costituita da una complessa indagine preliminare riguardante ipotesi di truffa in danno dell'INPS, per illecita percezione di sgravi contributivi relativamente ad assunzioni di lavoratori presso lo stabilimento petrolchimico di ....., truffa che, secondo l'ipotesi accusatoria, sarebbe stata consumata attraverso fittizie creazioni, trasformazioni ed estinzioni di società cooperative.
La sezione disciplinare ritiene che la violazione contestata, sotto il profilo oggettivo, effettivamente sussiste, come d'altra parte lo stesso incolpato, con apprezzabile lealtà , ha ammesso quando, fin dall'interrogatorio davanti al p.g., ha dichiarato di essere "andato oltre le righe", e di avere avuto, nel redigere il primo ricorso, un temporaneo calo di lucidità a causa dello stress, della stanchezza, della profonda delusione per un provvedimento che metteva nel nulla un impegno notevole profuso, anche a ridosso dell'udienza di discussione (memoria difensiva depositata il 28 ottobre 2003, pag. 19)
Infatti, contrariamente a quanto lo stesso incolpato sostiene, le espressioni usate nei ricorsi non sono soltanto "forti" o "quanto meno discutibili", come ha ritenuto la corte di cassazione nella sentenza del 4 giugno 2002, con la quale è stato accolto uno dei due ricorsi di cui si tratta, ma decisamente offensive, irridenti e insinuanti. La decisione impugnata è stata infatti qualificata come "scandalosa"; l'argomentazione utilizzata dal tribunale è stata definita come "singolare fenomeno del giudice che non crede nemmeno alla confessione dell'indagato"; le ragioni inespresse della decisione vengono individuate, utilizzando espressioni ironiche e allusive, sostanzialmente nell'intento di evitare che le successive indagini potessero portare a un coinvolgimento dei vertici dell'""" - "di tale yyyy", notoriamente alto dirigente dell'ente pubblico - e di numerosi pubblici ufficiali che non avrebbero segnalato la commissione degli illeciti; pesanti sospetti, che avrebbero richiesto "debiti approfondimenti", sono stati lanciati con riguardo alla "celerità con la quale erano state redatte dal tribunale sette lunghe ordinanze". Né appare decisivo valutare se le espressioni offensive siano dirette nei confronti del provvedimento (come sostiene l'incolpato) o dei componenti del collegio che lo ha adottato, perché, a parte che la "sospetta celerità " non può che riferirsi necessariamente a comportamenti del collegio e, in particolare, dell'estensore, è inevitabile che espressioni offensive o irriguardose, anche se formalmente dirette nei confronti di un provvedimento giudiziario, non possono non tradursi anche in lesione dell'onore e del prestigio dei magistrati ai quali il provvedimento è imputabile.
Né può eliminare il carattere obbiettivamente offensivo delle espressioni la circostanza che l'estensore dei provvedimenti di cui si tratta fosse amico e compagno di scuola dell'incolpato, potendo tale circostanza solo riflettersi sull'accertamento dell'elemento soggettivo dell'illecito, come sarà in seguito osservato.
La sezione condivide l'orientamento giurisprudenziale (al quale ha fatto riferimento il dott. ******** nella memoria difensiva) che ha ritenuto che dall'accentuazione della funzione di parte del p.m. nel nuovo codice di procedura penale derivi un'attenuazione della "valenza negativa dell'espediente retorico e della forzatura polemica, cui ricorrono i pubblici ministeri, nella loro tecnica argomentativi" (sezione disciplinare, sentenza 27 marzo 1998, n. 47), ma nella specie si discute non di "espedienti retorici" o di "forzature polemiche", ma di vere e proprie espressioni offensive, irridenti, pesantemente insinuanti nei confronti di provvedimenti giurisdizionali e dei magistrati giudicanti che non possono essere consentite ai magistrati del p.m., i quali, pur svolgendo funzioni di parte "pubblica" nel processo, appartengono all'unico ordine giudiziario, sono soggetti agli stessi doveri deontologici degli altri magistrati e debbono farsi carico della tutela della credibilità della funzione giudiziaria, conciliando le peculiarità del ruolo processuale con i doveri di equilibrio e correttezza, evitando dannose personalizzazioni, specialmente quando si traducano nell'uso di espressioni obbiettivamente offensive.
2. Dall'ampia istruttoria documentale e orale è emerso, tuttavia, che nella specie non sussiste l'elemento soggettivo dell'illecito contestato, in quanto l'incolpato non ebbe piena consapevolezza e volontà di utilizzare le espressioni indicate nel capo d'incolpazione.
Deve infatti tenersi conto della situazione di eccezionale impegno, non solo lavorativo ma anche emotivo, del dott. ********.
Egli ha preso possesso il 15 dicembre 1997 delle sue prime funzioni giudiziarie, a poco meno di ventisei anni, come sostituto procuratore presso il tribunale di ....., che è, notoriamente, un ufficio giudiziario, di frontiera, interessato alla trattazione di procedimenti per numerosi e gravi episodi di criminalità , comune e mafiosa. Si è prontamente impegnato nella trattazione dei procedimenti arretrati, azzerandone in pochi mesi la pendenza (v. parere del Consiglio giudiziario di ___________ del 24 marzo 1999) e si è quindi dedicato alla trattazione dei numerosi procedimenti sopravvenuti con impegno costante e prolungato, come è anche emerso dalla testimonianza del dott. ####, all'epoca sostituto presso la pretura di ...... Dal prospetto statistico del lavoro svolto nel periodo dal 15 dicembre 1997 al 13 dicembre 2001 risulta che ha esaurito 7810 procedimenti, richiedendo 1123 rinvii a giudizio, proponendo 75 impugnazioni e partecipando a 464 udienze, particolarmente impegnative per il fatto che, prima dell'unificazione, egli era addetto alla Procura ordinaria e quindi era incaricato di seguire anche al dibattimento i processi più gravi (v. testimonianza del dott. ####). Dalla documentazione prodotta dall'interessato risulta anche l'elevata qualità del lavoro svolto, tradottosi nella redazione di numerose, ampie e approfondite richieste riguardanti procedimenti notevolmente complessi per gli accertamenti di fatto svolti e per le problematiche giuridiche affrontate. Il dott. ******** è stato anche applicato alla DDA di _________ e, come sostituto presso la Procura di ....., ha svolto le attività urgenti per i delitti di competenza della stessa DDA in applicazione di un protocollo sottoscritto dai due uffici interessati il 19 aprile 2000. Il dott. ******** si è trovato ad avere di frequente la responsabilità organizzativa dell'ufficio, in quanto sostituto "anziano", in occasione delle ripetute e prolungate assenze per malattia del capo dell'ufficio. A causa delle funzioni svolte è stato oggetto di minacce che hanno reso necessaria l'adozione di un provvedimento di tutela.
La tesi difensiva con la quale il dott. ******** ha dedotto che al momento in cui ha redatto gli atti di cui si tratta si trovava in una grave situazione di stress causata dal prolungato e intenso impegno lavorativo profuso ha trovato, quindi, precisi e numerosi riscontri.
Deve anche rilevarsi che i fatti oggetto del presente procedimento, per il carattere assolutamente isolato, non appaiono espressione né di peculiarità caratteriali né di una particolare interpretazione del ruolo processuale incline all'esasperazione accusatoria e all'aggressività dialettica. Tra tutti gli atti di impugnazione prodotti in copia, quelli di cui si tratta sono gli unici nei quali siano state utilizzate espressioni così gravi. Tutti i magistrati che all'epoca dei fatti svolgevano funzioni giudicanti a ....., sentiti come testi hanno concordemente escluso che il dott. ******** abbia mai travalicato dai limiti di continenza verbale e di correttezza. Anzi la dott.ssa …….. ha detto che la presenza dell'incolpato in udienza le dava grande tranquillità , perché aveva un atteggiamento molto collaborativo nei confronti di tutti i soggetti processuali e ha parlato, insieme al dott. …….., di rapporti di cordialità con i collegi e con il Foro. Valutazione che appare condivisa anche nel parere del Consiglio giudiziario dell'11 maggio 1999.
Che la redazione degli atti oggetto dell'incolpazione sia da collegare a un temporaneo e irrefrenabile abbassamento della soglia di attenzione e di autocontrollo e che quindi non sia collegabile a una consapevole manifestazione di volontà di offendere il collegio giudicante è anche confermato dalla circostanza che l'estensore dei provvedimenti impugnati era un amico e compagno di scuola dell'incolpato e che non risulta che vi fossero rapporti di tensione con gli altri componenti del collegio.
Certamente è vero che l'accoglimento dell'impugnazione proposta dagli indagati ha provocato una fortissima contrarietà nel dott. ********, che ha visto smentita l'impostazione di un'indagine molto complessa e impegnativa senza che la tesi del tribunale risultasse sorretta da un apparato argomentativo convincente, tanto che la corte di cassazione, in accoglimento del ricorso proposto dall'incolpato, ha annullato il provvedimento impugnato per contraddittorietà della motivazione. Se la profonda delusione e l'ansia di vedere condivisa la propria impostazione accusatoria non possono giustificare l'utilizzazione di espressioni offensive, tuttavia possono concorrere, insieme agli altri elementi sopra individuati, a dimostrare la mancanza di una consapevole volontà di ledere l'onore e il prestigio del collegio giudicante.
Né a contrastare le conclusioni alle quali la sezione è pervenuta è decisivo il rilievo che tra i due ricorsi per cassazione oggetto dell'atto di incolpazione è intercorso un periodo di sette giorni, perché, da un lato, si tratta di un periodo estremamente breve, e, dall'altro, che la situazione di grave stress nella quale il dott. ******** si trovava non poteva certo essere superata in soli sette giorni.
In conclusione la responsabilità disciplinare dell'incolpato deve essere esclusa per difetto dell'elemento soggettivo dell'illecito contestato.
P.Q.M.
La Sezione disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura,
Visto l'art. 35 del R.D.L. 31 maggio 1946, n. 511,
assolve
il dott. ******** dalla incolpazione contestata perché il fatto non costituisce illecito disciplinare.
Roma, 21 novembre 2003