Proc. n. 32/2004 R.G. - Sentenza del 15.7.2005 n. 92/2005 Reg. dep. - Presidente Buccico - Estensore Riello.
Azione disciplinare - Decadenza - Termine iniziale - Annotazione nel registro di protocollo.
Doveri del magistrato - Qualità di socio in società in accomandita semplice - Partecipazione ad aste giudiziarie nel circondario dell'ufficio di appartenenza - Illecito disciplinare - Sussistenza.
Al fine dell'individuazione della data della richiesta agli effetti della valutazione della tempestività dell'esercizio dell'azione disciplinare deve farsi riferimento alla data dell'annotazione della stessa nel registro di protocollo che costituisce atto pubblico di rilevanza esterna e fidefaciente fino a querela di falso.
Costituisce per il magistrato illecito disciplinare ricoprire la carica di socio accomandante di società in accomandita semplice e ciò in quanto trattasi di condotta che viola il divieto di cui all'articolo 16 ord. giud..
L'illecito disciplinare derivante da tale violazione è tanto più grave ove la società operi attivamente nella partecipazione di aste giudiziarie in territorio compreso nell'ambito della giurisdizione del Tribunale nel quale il magistrato svolge le sue funzioni.
i n c o l p a t a
della violazione dell'art. 18 R.D.L. 31 maggio 1946, n. 511, per aver gravemente violato il dovere di correttezza e soggezione del magistrato alle norme dell'Ordinamento giudiziario in materia di incompatibilità rendendosi immeritevole della fiducia e della considerazione di cui il magistrato deve godere e così compromettendo il prestigio delle funzioni giudiziarie esercitate.
La dott.ssa XXXXXXXX, Sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di *******, risulta aver ricoperto la carica di socio accomandante della s.a.s. ++++, con oggetto sociale consistente nella "costruzione, ristrutturazione e locazione di immobili", dalla data di iscrizione della società nel registro delle Imprese della Camera di Commercio Industria ed Artigianato di °°°°°°°° (29.4.98) e fino alla data di cessazione delle attività (26.3.2001).
Tale condotta contrasta con il chiaro divieto di cui all'art. 16 dell'O.G. ed appare vieppiù disdicevole dal momento che la società commerciale ha operato attivamente - tra l'altro partecipando ad aste giudiziarie (come da contestazione suppletiva del P.G. all'udienza dell'8.10.2004) - anche nel territorio ricompreso nell'ambito della giurisdizione del Tribunale di ******* nel quale la dott.ssa XXXXXXXX svolge le sue funzioni.
Svolgimento del procedimento
In data 15 ottobre 2003, il Procuratore generale presso la Corte di cassazione promuoveva azione disciplinare nei confronti della dott.ssa XXXX XXXXXXXX, sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di *******, per avere la stessa gravemente violato il dovere di correttezza e soggezione del magistrato alle norme dell'ordinamento giudiziario in materia di incompatibilità rendendosi immeritevole della fiducia e della considerazione di cui il magistrato deve godere, conseguentemente compromettendo il prestigio delle funzioni giudiziarie esercitate; in particolare, si contestava alla predetta di avere ricoperto la carica di socio accomandante della s.a.s ++++, con oggetto sociale consistente nella "costruzione, ristrutturazione e locazione immobili", dalla data di iscrizione della società nel registro delle Imprese della Camera di Commercio Industria ed Artigianato di °°°°°°°° (29.4.1998) e fino alla data di cessazione dell'attività (26.3.2001).
Il procedimento nasceva da un esposto - in data 6 febbraio 2001 - di tale …….. con il quale quest'ultimo prospettava doglianze relative al suo arresto, per il reato di cui all'art. 629 c.p., avvenuto durante lo svolgimento di un'asta presso il Tribunale di *******, con la precisazione che il P.M. di turno era l'odierna incolpata e riferiva indi dell'attività svolta dalla società ++++ di XXXXXXXX ^^^^ s.a.s. di cui - puntualizzava il denunciante - era socio accomandante il predetto XXXXXXXX ^^^^, fratello del magistrato, e soci accomandatari la dott.ssa XXXXXXXX ed il marito della stessa, dott. ---- ---- i quali ultimi erano titolari, alla stregua dello statuto, degli effettivi poteri di gestione della società .
Presa visione dell'incolpazione riportata in epigrafe, la dott.ssa XXXXXXXX nominava suo difensore l'avv.to §§§§ del Foro di ………..; indi, a seguito di invito a comparire, rendeva - in data 12 febbraio 2004 - interrogatorio al P.G., sostenendo di non essersi mai di fatto occupata dell'amministrazione della suddetta società , in tal modo ritenendo di non avere violato i propri doveri di magistrato; aggiungeva di avere informato il C.S.M. della sua qualità , meramente formale, di socio accomandante della s.a.s., producendo, in data 2 luglio 1999, apposita dichiarazione dei redditi; di avere, comunque, ceduto le proprie quote in data 26 marzo 2001. L'incolpata sosteneva di essersi sempre disinteressata della concreta attività della società e di avere solo in occasione del procedimento disciplinare de quo appreso dell'acquisto, da parte della stessa, di beni immobili mediante aste svoltesi presso il Tribunale di *******; che la ragione sostanziale per la quale ella e suo marito avevano fatto ricorso alla costituzione della s.a.s. in parola risiedeva nel fatto che essi intendevano acquistare un immobile in ……………, precisando che siffatto acquisto era stato poi concretizzato appunto dalla società summenzionata, ma che il relativo cespite non era stato utilizzato dal suo nucleo familiare. La dott.ssa XXXXXXXX produceva documentazione della Camera di commercio di ……., copia della dichiarazione della propria situazione patrimoniale trasmessa al C.S.M., nonché rapporti e verbali riflettenti la propria carriera di magistrato.
In data 5 ottobre 2004, il difensore dell'incolpata depositava memoria con la quale eccepiva preliminarmente la decadenza dell'azione disciplinare per mancata comunicazione, da parte della Procura Generale della Cassazione, delle proprie determinazioni entro l'anno dall'avvenuta cognizione dei fatti de quibus, da collocarsi, secondo la tesi difensiva, non oltre il giorno 17 ottobre 2002, data in cui il P.G. aveva ricevuto copia del decreto di archiviazione del procedimento penale a carico della dott.ssa XXXXXXXX scaturito dalla suesposta denuncia del …..; tanto - si rilevava - in considerazione della circostanza che, pur apparendo la comunicazione al C.S.M. inviata in data 15 ottobre 2002, la data effettiva di quest'ultima doveva considerarsi quella del 28 ottobre 2002, in quanto nel decreto del P.G. di delega del sostituto procuratore generale dott. D'Angelo ad esercitare le funzioni di Pubblico Ministero nel presente procedimento disciplinare, si faceva menzione della nota in pari data ("in data odierna") con la quale era stata comunicata a questo Consiglio l'inizio dell'azione disciplinare.
Si eccepiva, in subordine, la nullità degli atti e, comunque, la mancanza di prova della ricezione della predetta comunicazione entro l'anno.
Nel merito, si evidenziava che l'inconsistenza dell'accusa era dimostrata dal fatto che il Ministro della Giustizia, pur essendo stato posto a conoscenza dei fatti fin dal 20 febbraio 2002, non avesse esercitato l'azione disciplinare; si ponevano in rilievo le doti professionali dell'incolpata come desumibili da plurime valutazioni di professionalità ed attestazioni di stima da parte dei colleghi e del Foro; si sottolineava la buona fede della dott.ssa XXXXXXXX attesa la sua comunicazione a questo Consiglio della partecipazione societaria de qua; infine, si poneva l'accento sul fatto che l'incolpata non aveva esercitato in proprio alcuna attività commerciale, non essendo stata la medesima socio accomandatario, ma accomandante e non avendo personalmente svolto alcun atto. Si richiamavano tesi dottrinarie e precedenti giurisprudenziali a sostegno della piena liceità e correttezza della condotta serbata dal magistrato.
Fissato il dibattimento, all'udienza dell'8 ottobre 2004, si procedeva all'interrogatorio del magistrato incolpato. Nella medesima udienza, il P.G. procedeva a contestazione suppletiva, segnatamente consistente nella partecipazione, da parte della dott.ssa XXXXXXXX a mezzo della società suddetta, ad aste giudiziarie. Veniva, pertanto, chiesto termine a difesa.
La difesa produceva documentazione inerente l'attività della società ++++ s.a.s.; nel prosieguo del dibattimento, si procedeva all'escussione dei testi.
All'udienza del 17 giugno 2005, questa Sezione disponeva l'acquisizione, a cura del magistrato incolpato, delle delibere assembleari con le quali erano state concesse le autorizzazioni per gli acquisti degli immobili per atti inter vivos, nonché quelli inerenti la partecipazione alle tre aste di cui all'acquisita documentazione. Siffatta documentazione non veniva prodotta in quanto non rinvenuta, come da certificazioni depositate. Veniva invece prodotta ulteriore documentazione e depositate altre memorie difensive.
All'esito della discussione, il P.G. concludeva per l'irrogazione all'incolpata della sanzione della censura ed il difensore per l'assoluzione della predetta.
Motivi della decisione
Ritiene il Collegio che l'eccezione di decadenza dell'azione disciplinare sollevata dalla Difesa è infondata e va, pertanto, risolta negativamente.
Ed invero si evince dagli atti che la comunicazione del P.G. al Ministro della Giustizia ed a questo Consiglio risulta datata 15 ottobre 2003 e che la medesima risulta protocollata dal C.S.M. in pari data (cfr. fol. 1 fasc. disc.), di guisa che è a tale data che occorre far riferimento ai fini che qui interessano: v., in particolare, Cass. N. 2055/1992, n. 759/1999 e, più recentemente, n. 13602/2004 secondo cui al fine dell'individuazione della data della richiesta agli effetti della valutazione della tempestività della medesima, ben può e deve farsi riferimento alla data dell'annotazione della richiesta stessa nel registro di protocollo che costituisce atto pubblico di rilevanza esterna e fidefaciente fino a querela di falso.
Appare evidente che tale inequivoca risultanza non può stimarsi contraddetta dalla formula "vista la nota in data odierna" di cui all'atto di delega al sostituto da parte del P.G. datata 28 ottobre 2003, meglio indicato in narrativa, essendo evidente che trattasi di mero errore materiale imputabile all'utilizzo di un modulo prestampato.
Procedendo all'esame del merito, ritiene la Sezione che - con la condotta realizzata - la dott.ssa XXXXXXXX abbia violato la norma di cui all'art. 18 R.D.L. 31 maggio 1946, n. 511, rendendosi immeritevole della fiducia e della considerazione di cui un magistrato deve godere, in tal modo concretamente compromettendo il prestigio della funzione giudiziaria esercitata.
Orbene, è emerso che la dott.ssa XXXXXXXX ha ricoperto la carica di socio accomandante della s.a.s. ++++ dal 24 settembre 1998 al 26 marzo 2001; che detta società ha iniziato la sua attività in data 21 febbraio 2000; che la dott.ssa XXXXXXXX ha ceduto le proprie quote in data 26 marzo 2001, ossia dopo 13 mesi; che l'altro socio accomandante era il coniuge del magistrato incolpato, che il socio accomandatario era il fratello del magistrato, XXXXXXXX ^^^.
E' altresì emerso che - secondo lo Statuto - tutti i poteri di gestione della società erano quasi esclusivamente attribuiti all'assemblea dei soci, in quanto a quest'ultima spettava decidere sulle operazioni di importo superiore al milione di lire ovvero in relazione agli atti di natura omogenea che, tra loro sommati, raggiungessero un importo superiore al milione di lire compiuti nell'arco di un mese.
La società in parola risulta aver acquistato otto lotti in tre aste giudiziarie svoltesi presso il Tribunale di *******, nonché sei acquisti per atti inter vivos (cfr. decreti di trasferimento e note di trascrizione in atti).
Orbene, la struttura societaria evidenzia la posizione meramente marginale del socio accomandatario e, per contro, l'effettività dei poteri in capo ai soci formali accomandanti - la dott.ssa XXXXXXXX ed il marito - le cui quote risultano essere (o essere state) di lire 12.495.000, a fronte della quota del socio accomandatario ^^^ XXXXXXXX, fratello dell'incolpata, di sole lire 10.000. Del pari, può concludersi che l'assunto difensivo secondo cui la costituzione della società era finalizzata al mero acquisto di un immobile appare smentito dalla pluralità di acquisti di cui si è appena detto in concreto realizzati dalla società in discussione. Oltretutto, non sfugge che, nell'atto di costituzione della società de qua, è indicato, quale oggetto sociale, "l'attività di acquisto, compravendita e commercio di immobili e complessi immobiliari in genere, nonché il loro sfruttamento economico, realizzato mediante locazione o gestione degli stessi, l'attività di gestione di imprese immobiliari, l'attività edile, la costruzione, la demolizione, la ricostruzione, la ristrutturazione e la vendita in blocco o frazionata di immobili o fabbricati (…), la realizzazione (…) di opere di lottizzazione ed urbanizzazione", nonché "attività connesse al settore turistico-arberghiero…".
Tanto premesso e puntualizzato, va però rilevato che se vi è prova della costituzione della società e della circostanza dell'avere la dott.ssa XXXXXXXX ricoperto la carica di socio accomandante della stessa, non può dirsi violato il dettato di cui all'art. 16 dell'O.G. in quanto l'assunzione in quanto tale della predetta carica non implica lo svolgimento di attività commerciale; d'altro canto, non può dirsi raggiunta la prova dello svolgimento di fatto della suddetta attività , da un lato per avere i testi escussi escluso che il magistrato si occupasse effettivamente dell'attività svolta dalla società , dall'altro perché non essendo state acquisite, in quanto non reperite, le delibere assembleari richieste da questa Sezione, non può ritenersi raggiunta la prova della reale partecipazione del magistrato incolpato alle assemblee dei soci che ebbero a deliberare gli acquisti di cui sopra. Né può - conformemente alle rette argomentazioni difensive sul punto - trarsi prova di tale esercizio di fatto dei poteri che la struttura societaria le attribuiva, a dispetto della veste formale ricoperta, dalla copia della procura speciale con la quale l'accomandatario della società ebbe a nominare ------- procuratore per l'asta, in quanto se risulta che detto accomandatario ebbe a ricevere autorizzazione per effetto di delibera assembeare in data 24 novembre 1998, non è specificato se detta delibera fosse stata totalitaria oppure no; del pari, nessuna delibera è espressamente qualificata come tale.
Tuttavia, la condotta della dott.ssa XXXXXXXX, attese le sue modalità di esecuzione, per come sopra si accennava, confligge con la norma di cui all'art. 18 R.D.L. 31 maggio 1946, n. 511, facendo sì che ella si sia comunque resa immeritevole della fiducia e della considerazione di cui un magistrato deve godere, in tal modo concretamente compromettendo il prestigio della funzione giudiziaria esercitata in *******.
E' appena il caso di osservare, al riguardo, che - tenuto conto degli elementi fattuali descritti nel capo di incolpazione, così come integrato in udienza dal P.G. - la ritenuta mancata violazione dell'art. 16 O.G. non determina modificazione del fatto, quest'ultima configurandosi unicamente nell'ipotesi, nella fattispecie non ricorrente, di trasformazione o sostituzione degli elementi costitutivi dell'addebito che non ponga il magistrato interessato nella condizione di conoscere adeguatamente i fatti qualificanti le accuse rivoltegli e, conseguentemente, di svolgere in ordine agli stessi ogni opportuna difesa. Si deve, pertanto, ritenere che la necessaria correlazione tra accusa contestata e la sentenza imposta dall'art. 34 del R.D.L. 31 maggio 1946, n. 511, attraverso il richiamo, pur con il limite delle compatibilità dell'art. 477 del previgente codice di rito penale, mira allo scopo di garantire il contraddittorio, portando a conoscenza dell'incolpato i fatti che gli vengono addebitati e di consentirgli così un'adeguata difesa, dovendo intendersi per fatto contestato, in relazione a detta ratio, non solo quello indicato specificamente nel capo di incolpazione, ma quanto risulta dal complesso degli elementi portati a conoscenza dell'incolpato e sui quali lo stesso è stato posto nelle condizioni di difendersi (cfr. Cass. S.U. n. 358 del 1998; Cass. S.U. n. 943 del 1977).
Ritiene invero il Collegio che - a prescindere dalle cariche formali e dai poteri in concreto esercitati - la dott.ssa XXXXXXXX era coinvolta in una società non solo attivamente operante nello stesso territorio ove ella svolgeva le delicate funzioni di sostituto procuratore della Repubblica, ma che addirittura partecipava a procedure di aggiudicazione che si svolgevano proprio presso gli stessi uffici giudiziari di *******.
Tenuto conto della sua qualità di magistrato, del conseguente livello culturale, nonché delle piccole dimensioni dell'ufficio in cui operava, ella avrebbe dovuto decisamente prendere le distanze dall'attività della società il cui oggetto, come descritto nell'atto costitutivo da lei ovviamente firmato, appariva sufficientemente indicativo degli scopi perseguiti e che, peraltro, anche nella denominazione risultante dei cognomi del coniuge e suo evocava la sua persona; ancora, la concreta attività posta in essere dalla società non era evidentemente ignota nel ristretto ambiente locale, come eloquentemente si evince dall'esposto del …….. del 6 febbraio 2001 dalla cui lettura si argomenta la perfetta conoscenza dell'assetto societario, dei soggetti interessati, delle quote dei singoli soci, nonché delle specifiche operazioni immobiliari svolte, comprese le aste presso il Tribunale di *******.
Oltretutto - e il dato è ovviamente emblematico - gli altri soci erano, come si è detto, il fratello ed il marito del magistrato e, altrettanto sintomaticamente, la dott.ssa XXXXXXXX solo dopo aver avuto conoscenza dell'esposto del …… (esattamente il 26 marzo 2001) ha deciso di cedere le quote di sua spettanza pari al 49,98% del totale.
Siffatti comportamenti, considerati sia in sé che con riferimento all'evidente riverbero esterno che risultano avere avuto (a dispetto della mancata conoscenza di ogni particolare rilevante da parte dell'avv.to çççç, presidente del locale ordine forense, escusso nel dibattimento), integrano senz'altro violazione della contestata norma deontologica, avendo - a mezzo degli stessi - la dott.ssa XXXXXXXX menomato il prestigio dell'ordine giudiziario. E' ben noto che il magistrato deve non solo operare con obiettività e disinteresse, ma deve altresì evitare che tali requisiti possano anche solo apparire compromessi.
La dettagliata denuncia del ……, correlata alla circostanza del non essere né il magistrato incolpato né il coniuge, notaio, degli sconosciuti nel ristretto ambiente in questione, costituisce elemento attestante che la certo non irrilevante attività svolta dalla ++++ s.a.s. non fosse propriamente un segreto nel territorio di ******* (e dintorni).
Le attestazioni di stima allegate dalla Difesa da parte di avvocati e colleghi dell'incolpata non valgono ad elidere le obiettive ricadute dei fatti in parola sul prestigio della funzione giudiziaria.
La giurisprudenza del S.C. (cfr., ex plurimis, Cass. S.U. n. 5542/1989) ha invero argomentato che al fine della concretizzazione del vulnus del prestigio dell'ordine giudiziario, è sufficiente l'accertamento di fatti idonei a recare offesa al patrimonio morale dell'ordine medesimo, senza che possa rilevare che i fatti stessi non siano venuti a conoscenza della generalità dei cittadini nel luogo in cui il magistrato esercita le sue funzioni ovvero che non abbiano provocato pubblico scandalo.
Sotto il profilo soggettivo, non vale, in sé e da sola, a scriminare la condotta de qua la dichiarazione della propria situazione patrimoniale resa dalla dott.ssa XXXXXXXX a questo Consiglio con l'apposita dichiarazione di cui alla legge 15 maggio 1977, n. 127, tenuto anche conto dell'estrema genericità della stessa (indicazione della società e percentuale delle quote possedute), senza alcun cenno all'oggetto sociale, al luogo di svolgimento dell'attività etc.
Valutata a questo punto la gravità del fatto addebitato alla stregua delle circostanze sopra specificamente esposte nonché della personalità del magistrato incolpato, quale emergente dalle positive costanti valutazioni di cui in atti, stimasi equo irrogare alla dott.ssa XXXXXXXX la sanzione meno grave dell'ammonimento.
P.Q.M.
La Sezione disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura,
Visto l'art. 35 del R.D.L. 31 maggio 1946, n. 511,
dichiara
la dott.ssa XXXX XXXXXXXX responsabile della incolpazione ascrittale e le infligge la sanzione disciplinare dell'ammonimento.
Roma,15 luglio 2005
L'Estensore
(Luigi Riello)
Il Presidente
(Emilio Nicola Buccico)