Inaugurazione anno giudiziario 2006 ad Ancona.
di Paola FILIPPI Ufficio Studi CSM
Intervengo a questa cerimonia in rappresentanza del Consiglio superiore della
Magistratura.
Nel porgere il saluto del Consiglio e mio personale a Lei sig. Presidente, a Lei
sig. Procuratore Generale, ed a tutti voi presenti, non posso sottrarmi
dall’evidenziare il rammarico derivante dall’assenza dei magistrati da questa
inaugurazione.
I magistrati italiani disertano la celebrazione inaugurale “preso atto degli
ulteriori passi della controriforma dell’ordinamento giudiziario e della
perdurante, intollerabile inerzia e delle gravissime inadempienze del Ministero
della giustizia di fronte alla crisi di funzionalità dell’apparato giudiziario”
( questo quanto affermato nella delibera del 17 dicembre del Comitato direttivo
centrale dell’Associazione Nazionale Magistrati)
L’inaugurazione dell’anno giudiziario così come si celebra oggi è anch’essa
effetto della riforma.
Essa non si articola più attorno alla relazione del Procuratore generale al
Ministro, ma viceversa è il Ministro che rende comunicazioni alla camere
sull’amministrazione della giustizia.
In questi ultimi quattro anni l’inaugurazione ha assunto l’ulteriore significato
di momento di rilevamento del malessere dei magistrati e del contrasto tra
l’obiettivo che dovrebbe essere perseguito dal legislatore ovvero quello
dell’efficienza del servizio giustizia ed il reale obiettivo seguito che è
quello di privare la magistratura dell’autonomia e dell’indipendenza.
A proposito di discorsi di inaugurazione tutti ricordiamo quello del procuratore
generale di Milano e la strumentalizzazione di quel verbo che ebbe l’ardire di
ripetere tre volte.
Ma è vero che bisogna resistere, ma non solo resistere ai tentativi di sottrarre
alla magistratura l’indipendenza e l’autonomia, non solo resistere alle
delegittimazioni che negli anni 2000 hanno assunto livelli di aggressività
crescente, caratteristici della reazione a “tangentopoli” -come se le tangenti
la concussione e la corruzione fossero un’invenzione della magistratura, ma
bisogna resistere soprattutto per continuare a garantire l’efficienza del
servizio giustizia, nonostante le carenze del personale amministrativo , le
carenze strutturali, le carenze finanziarie, per far andare avanti i processi e
farli andare avanti nonostante tutto.
Resistere con umiltà dentro e prestigio fuori, nonostante manchino le strutture
adeguate ad offrire dignità non alla persona, ma alla toga. E’ inutile citare
per l’ennesima volta gli uffici giudiziari dove i magistrati non hanno stanze o
scrivanie, ma solo carrelli.
Ma non è questo è il punto, il punto è che l’inefficienza grava sulle spalle dei
magistrati accusati di produrre inefficienza quando ne sono vittime.
Il punto è che la riforma non produrrà efficienza, ma inefficienza.
Le denunce dell’A.N.M. sullo stato della giustizia e sulle riforme
dell’ordinamento giudiziario sono state confermate dal recente Rapporto del
Consiglio d’Europa del 14 dicembre 2005. I rilievi del commissario Gil-Robles
proclamano, il fallimento delle politiche di miglioramento del
servizio-giustizia, certificando non solo la falsità degli argomenti utilizzati
a sostegno delle controriforme, ma anche la pretestuosità di quanto affermato
dal Ministro al Csm il 18.12.2002, il Ministro allora disse : “è inutile
iniettare risorse in un sistema che non è in grado di recepirle, perché è
inefficiente”. Le risorse invece servivano ed anche così si spiega il
rallentamento dei procedimenti a partire dal 2001 (vedi nn. 6-8).
Nel Rapporto Gil-Robles constata che:
La giustizia italiana manca fondamentalmente di mezzi. L’Italia stanzia un
bilancio che non sembra sufficiente per ridurre gli arretrati dei casi
accumulatisi col tempo. Per esempio, nel 2004 il budget per la carta e le
cartucce di inchiostro delle stampanti era già stato assorbito nel mese di
luglio.
Certi tribunali vengono mantenuti più per ragioni legate alla politica locale o
al prestigio, che alla vera necessità. Una migliore ripartizione dei magistrati
e dei tribunali porterebbe innegabilmente a una migliore amministrazione della
giustizia;
La conclusione è dunque che nel campo delle riforme della giustizia, l’Italia si
è mostrata esitante ad adottare un progetto globale, il solo in grado di
risolvere l’insieme delle difficoltà.
Al contrario, sono state spesso adottate delle disposizioni parziali.
Per realizzare tale riforma - è indicato nel rapporto del Consiglio europeo del
14.12.05 - si dovrebbe anzitutto:
snellire il formalismo dei procedimenti penali e civili, aumentare il budget
concesso alla magistratura e trasformare i meccanismi di appello.”
Nulla di tutto questo è contenuto nella riforma oridnamentale.
Il 22 dicembre 2005 sono stati approvati i primi quattro decreti delegati
relativi alla scuola, agli incarichi direttivi alla cassazione e ai consigli
giudiziari; il 19 gennaio 2006 i successivi sull’illecito disciplinare gli
incarichi extragiudiziari, il 24 gennaio 2006 l’accesso e la progressione.
L’obiettivo della riforma è stato dichiarato dal Minsistro nella comunicazione
alle camere. Vi leggo il passaggio ove il ministro lo chiarisce :
“Il nostro Paese ha sofferto e soffre ancora, come dimostrano alcuni recenti
avvenimenti e le polemiche stesse che hanno accompagnato il tormentato iter di
questa riforma, di un rapporto tra i tre fondamentali poteri dello Stato non
equilibrato.”
“Come è ormai storia” continua il Ministro “il culmine di questo squilibrio è
stato raggiunto nella prima metà degli anni 90, quando vasta parte della classe
politica fu delegittimata dall’azione della magistratura (…) quello fu il
periodo probabilmente di massima subalternità del potere politico rispetto a
quello giudiziario”.
Il verbo “delegittimare” è usato dal ministro evidentemente in modo improprio,
l’indicazione alla classe politica è poi troppo ampio.
La realtà è che negli anni 90 non ci fu un attività di delegittimazione bensì si
svolsero processi penali a carico di esponenti politici. Processi che si
conclusero alcuni con assoluzioni , ma molti con condanne. Le condanne, nella
maggioranza dei casi sono passate in giudicato, salvo prescrizioni. Le condanne
sono state emesse per reati di corruzione, concussione, abuso di ufficio,
finanziamenti illeciti contro parlamentari contro ministri, imprenditori,
ufficiali della guardia di finanza…contro giudici.
Insomma ci furono condanne e non delegittimazione. Se effetto delegittimante ci
fu esso dipese dai delitti commessi e non dall’accertamento dei delitti.
D’altro canto se il principe non è legibus soluto se il governante non gode
dell’ immunità allora l’accertamento del delitto, finché l’azione sarà
obbligatoria, è coerente con i principi dello stato di diritto. Senza immunità
la legge è uguale per tutti.
La lettura ex post del fenomeno tangentopoli porta in sé l’omessa considerazione
che i fatti di corruzione, concussione abuso di ufficio che portarono alle
indagini e poi alle condanne non furono un’invenzione dei giudici e lo
dimostrano le condanne passate in giudicato e pure gli esiti delle numerose
ispezioni contro l’ufficio giudiziario da cui partì tangentopoli.
Nessuno squilibrio può essere ravvisato tra i poteri dello stato negli anni ’90.
Se nessuno squilibrio è ravvisabile allora è evidente l’inesattezza
dell’affermazione, sempre del Ministro, secondo la quale con la riforma
dell’ordinamento “Viene ristabilita la centralità del Parlamento ed il
riequilibrio dei poteri” .
Perchè ogni azione di “riequilibratura”, quando l’equilibrio c’è già, è
portatrice di squilibrio.
Non può attuarsi una riforma così importante come quella dell’ordinamento
giudiziario senza il dialogo: ed è questo ciò che dice l’assenza quest’oggi dei
magistrati dalle assemblee innaugurali.
L’importanza del dialogo è stata più volte affermata dal Capo dello Stato
Nel discorso alle più altre carico dello stato l 18 dicembre 2003 il Presidente
della Repubblica
ammonì:
”Vi sono importanti problemi aperti sul piano degli assetti strutturali
dell'apparato della giustizia. La riforma dell'ordinamento giudiziario
costituisce un'iniziativa di grande rilievo per il Parlamento”.
E dopo aver precisato:
“Non intendo discostarmi, anche su questo tema, dal principio al quale mi sono
sempre attenuto: quando il Parlamento discute, il Capo dello Stato tace”.
Ribadì:
”l'importanza del metodo del dialogo, che dà sempre buoni frutti, ravvicinando
posizioni e superando incomprensioni.” (18 dicembre 2003)
L’anno successivo torno sul punto con l’affermazione: “ La riforma
dell'Ordinamento giudiziario, recentemente approvata dal Parlamento - e sulla
quale ho ritenuto di dover richiedere alle Camere una nuova deliberazione con
riferimento ad alcuni importanti profili di costituzionalità - è mossa
dall'esigenza di migliorare l'efficienza degli apparati giudiziari e di far
rientrare lo svolgimento del processo civile e penale nell'alveo di quella
"ragionevole durata", che è un puntuale precetto della nostra Costituzione.
Auspico fermamente che si rafforzi, in ogni caso, l'impegno di chi lavora nel
sistema giudiziario per realizzare quelle economie di tempi e di atti che la
stessa legislazione in vigore consente. Ciò è necessario per preservare la
fiducia dei cittadini nella giustizia.
Ribadisco, infine, un principio più volte affermato fin dall'inizio del mio
mandato: i magistrati vanno rispettati nell'esercizio delle loro funzioni,
tutelate dai principi costituzionali di autonomia e indipendenza.
Dal canto loro, i magistrati devono essere sempre consapevoli dell'altezza e
della delicatezza del compito loro affidato, così come del dovere di essere e
anche di apparire, in ogni loro comportamento, autonomi e indipendenti.” (21
dicembre 2004)
E quest’anno il riferimento è sintetico , ma incisivo:
“Vi è poi anche un "quotidiano" della vita della Nazione nel quale è necessario
curare con ogni attenzione la salvaguardia delle istituzioni.”
Il Presidente ha poi concluso citando Vincenzo Cuoco "Alla felicità dei popoli
sono più necessari gli ordini che gli uomini".
“Ma gli ordini, le istituzioni” – aggiunge il presidente – “li fanno e li
preservano gli uomini”.
Per tornare alla relazione del Ministro riguardo all’efficienza del servizio
giustizia il Ministro Castelli ha affermato: “Sul piano dell'efficienza abbiamo
fornito tutti i magistrati di computer, è stato avviato il processo telematico”
.
Ma l’efficienza della giustizia non dipende dalla messa a disposizione dei
magistrati dei computer portatili e sorprende come questa argomentazione del
Ministro venga così spesso utilizzata, perché le sentenze non le scrivono da
soli computers, bensì sono scritte per mezzo dei computers.
L’efficienza allora non dipende dalle macchine, ma dal fatto che negli anni 90
(più o meno quegli stessi anni di tangentopoli) i magistrati hanno rinunciato ad
avvalersi dei servizi di cancelleria ed hanno cominciato assumere a loro carico
l’attività di dattilografia.
Nessuno ringrazia i magistrati per l’essersi addossati un’ ulteriore incombenza,
abbreviato costi e tempi di stesura dei provvedimenti.
I magistrati, tuttavia, non vogliono essere ringraziati, ma pretendono che
almeno quando si parla di migliorata efficienza e computer, ci si ricordi che è
il magistrato che batte i tasti e collaziona le sentenze dal video perché manca
la carta e mancano le cartucecce di inchiostro.
Riguardo ancora alla questione di efficienza e computer sembra che il Ministro
sia incorso in un’altra contraddizione, da gennaio 2006 il Ministro ha stabilito
di annullare di fatto l’assistenza tecnica agli uffici giudiziari. “Potranno
esser richiesti interventi solo urgenti e solo per il 15% delle postazioni di
lavoro.”
In questo contesto il CSM ha cercato di svolgere il suo ruolo con senso
istituzionale, difendendo le sue prerogative costituzionali nell’ambito di un
rapporto di leale collaborazione con gli altri poteri.
In base alle prerogative attribuitegli dalla legge (art. 10 legge n. 195 del
1958) il Consiglio con rigorosa analisi tecnica ha emesso i pareri sui decreti
attuativi in materia di riforma dell’ordinamento giudiziario, nonché sulle
numerose altre leggi che hanno interessato la materia giudiziaria.
I pareri del Consiglio non sono stati tenuti in nessun conto, anche i rilievi
concernenti gli eccessi di delega sono stati disattesi.
L’attività consultiva consiliare, è giusto riferirlo, si è svolta anche con
notevoli difficoltà in quanto, con riferimento ad alcuni pareri, i componenti
laici eletti dalla maggioranza di governo hanno deliberatamente ostacolato il
regolare svolgimento dei lavori facendo mancare il numero legale necessario per
le delibere ed sviando dalle finalità uno strumento posto invece a garanzia del
regolare funzionamento della attività consiliare.
Riguardo al primo dei decreti quello sulla scuola è stata evidenziata la lesione
dei compiti del Csm ex articolo 105 della Costituzione.
La formazione dei magistrati deve provenire da un organo che abbia le necessaria
garanzie di indipendenza, garanzie che solo il Csm può fornire in ragione della
composizione, voluta dalla costituzione.
Lasciare ad un organo esterno la formazione significa lasciare aperta la
possibilità di surrettizie influenze degli orientamenti giurisprudenziali e
ledere in tal modo il principio dell’indipendenza che si manifesta nella libera
formazione del convincimento, senza influenze culturali strumentali.
Il compito di formazione viene riservato “in via esclusiva” dalla Scuola
superiore della magistratura.
Ma vi è di più, in realtà la scuola non è organo per la formazione bensì un
organo per la valutazione. Il giudizio di valutazione della scuola costituisce
la base del giudizio di conferma degli uditori, della conferma dei magistrati
dopo sette anni , delle progressioni in carriera, della destinazione agli uffici
semidirettivi e direttivi, di appello ed in Cassazione, esso entra a far parte
del fascicolo personale.
La formazione diventa obbligatoria. I corsi saranno di quindi giorni (a tale
riguardo c’è da domandarci come si sopperirà alle assenze dei magistrati dagli
uffici o come si garantirà la frequenza ai corsi di coloro che sono gravati da
oneri di assistenza verso terzi).
Calcolati il numero dei corsi obbligatori, a fronte degli attuali facoltativi,
che dovranno essere seguiti almeno ogni cinque anni gli esami per le conferme,
le progressioni, i tramutamenti, i passaggi di funzioni il conferimento di
incarichi , in base al decreto legge la scuola dovrà garantire a fronte delle
attuali giornate di formazione pari all’incirca a 240 giornate medie, ben 1740
giornate con coinvolgimento di 5000 magistrati obbligati a seguire il corso a
fronte dei 9000 magistrati che attualmente in media frequentano in via
facoltativa.
Questi dati sono frutto di proiezione per l’anno 2009 in ragione dei magistrati
che per progressioni domande di tramutamento dovranno obbligatoriamente fare i
corsi in quell’anno. Dalle elaborazione è emerso che il costo dei corsi non
potrà essere inferiore a 33 milioni di euro (il calcolo è stato effettuato in
base al costo per magistrato di giornata di formazione ) nel decreto il bilancio
annuale di spesa previsto è di € 13.893.900,00
Il Csm ha segnalato il mancato esercizio della delega riguardo alla formulazione
dei criteri atti ad assicurare la partecipazione ai corsi quanto meno di tutti i
magistrati che ne abbiano diritto per progressione o domanda di conferimento di
funzioni superiori.
La mancata previsione dei criteri atti a garantire a tutti la partecipazione
comporta il rischio di parzialità nell’ammissione con la conseguenza che sul
momento della progressione deciderà il comitato direttivo della scuola o il
comitato di gestione in sede di ammissione al corso.
Il giudizio del Csm dipende dal giudizio di valutazione della scuola e ciò
induce a ribadire quanto affermato dal Presidente della Repubblica il 29 gennaio
2005 ovvero che “Le disposizioni di cui al decreto legislativo recanti
l’istituzione della scuola di formazione sottopongono sostanzialmente il
Consiglio superiore della magistratura a un regime di vincolo che ne riduce
notevolmente i poteri definiti nel citato articolo 105 della Costituzione”.
Nessuna delle osservazione del Csm è stata considerata ed in sede di
approvazione il Consiglio dei ministri ha solo modificato la disposizione
riguardo le incompatibilità del componente del comitato direttivo della scuola
ad essere componente di organi di amministrazione di enti pubblici o privati.
Ulteriori pareri sono stati emessi riguardo ai consigli giudiziari ove in
particolare si è sottolineato l’ingiustificato squilibrio tra componente togata
e non togata.
Riguardo ai direttivi si è evidenziato l’eccesso di delega riguardo alla
previsione del limite di età per coloro che hanno diritto alla riassunzione per
processi penali ingiustamente subiti ove tale deroga privilegia l’interesse del
singolo alla risarcimento in forma specifica a scapito del buona andamento
amministrazione della giustizia che costituisce la ratio della predisposizione
dei limiti età.
Riguardo l’organico della Cassazione è stato evidenziata la mancata previsione
di norma di attuazione riguardo all’abolizione dell’ufficio del massimario di
appello.
Risoluzione è stata emessa riguardo alla riforma delle procedure fallimentari
ove si è evidenziato che la degiurisdizionalizzazione della procedure
concorsuali quale è in contrasto con la tendenza che si registra in altri paesi,
ove si tende a ricondurre la crisi d'impresa in alveo giudiziale, con un giudice
di riferimento, i cui poteri si incrementano a mano a mano che cresce la
necessità di scelte tempestive e di sacrifici all'autonomia privata.
Il Consiglio nel corso del 2005 è intervenuto con forza a tutela dei singoli
magistrati e della giurisdizione nonchè della indipendenza e del ruolo dello
stesso organo di autogoverno.
Si rammentano le delibere consiliari del 16-2 e 10-11-2005 in cui si afferma la
piena legittimità dei comportamenti dei magistrati di Verona, ingiustamente
attaccati e denigrati per la celebrazione di alcuni processi che vedevano
imputati ed indagati anche esponenti politici.
In questo contesto deve essere per tutti di guida quanto ha ricordato il
Presidente della Repubblica partecipando alla seduta di Consiglio del 29 ottobre
2003 “la stabilità delle istituzioni si fonda sul rispetto pieno e reciproco
delle funzioni……intanto un sistema può operare armonicamente nei pesi e
contrappesi, in quanto i diversi e separati poteri, rigorosi nel difendere il
campo proprio, siano altrettanto rispettosi del campo altrui”.
L’inaugurazione dell’anno giudiziario è sede di “bilancio dell’attività svolta”
anche da parte del CSM.
Per quanto riguarda le delibere di carattere generale e di particolare
importanza, va segnalato che sono state ap¬portate rilevanti modifiche alla
circolare n. 15098 del 30 novem¬bre 1993, contenente disposizioni in tema di
tramutamenti e di assegnazione di sede.
La Commissione, valutata la non applicabilità della disciplina introdotta con
l'art. 42 bis del T.U. 151/2001 (assegnazione temporanea dei lavoratori
dipendenti di amministrazioni pubbliche con figli di età inferiore a tre anni)
al personale di Magistratura, ha provveduto a ridisegnare la disciplina che
regola l'attribuzione di punteggi aggiuntivi in tema di salvaguardia dell'unità
familiare, anche in funzione della cura e dell'educazione dei figli di età
inferiore ai tre anni (delibera CSM del 23 febbraio 2005).
Con delibera del 13 aprile 2005 il Consiglio ha poi approvato, su proposta della
Commissione, la modifica della circolare sui trasferimenti con particolare
riferimento alle ipotesi di incompatibilità nel caso di ricollocamento nel ruolo
organico della magistratura conseguente ad aspettativa per mandato
amministrativo comunale.
Altro punto di particolare interesse che ha portato alla modifica della
circolare sui trasferimenti concerne le disposizioni che disciplinano l'accesso
dei magistrati presso la Suprema Corte di Cassazione. Si è infatti cercato di
valorizzare le attitudini che possono garantire il migliore esercizio delle
funzioni di legittimità e di quelle che, pur non di legittimità, sono in stretto
e funzionale rapporto con le prime (delibera del 13 luglio 2005) .
In data 26 gennaio 2005 è stata approvata la delibera avente ad oggetto “Criteri
di valutazione della professionalità dei magistrati. Provvedimenti da acquisire
a campione, significativi per le varie funzioni del magistrato.”
Attraverso la predisposizione dei criteri per l’acquisizione dei provvedimenti a
campione il Consiglio ha voluto fornire una disciplina uniforme per rilevazione
del parametro della preparazione e capacità del magistrato con specifico
riferimento alla stesura dei provvedimenti, già indicati tra gli elementi per la
valutazione della professionalità dei magistrato nella circolare n. 1275/85.
E’ stata approvata la delibera n.12940 di modifica della circolare n. 17728 del
23 luglio 1998 sulla tenuta del fascicolo personale dei magistrati; in
particolare riguardo ai dirigente di ufficio giudiziario è stato previsto
l’inserimento di provvedimenti quali: le delibere concernenti le proposte di
formazione delle tabelle, comprese quelle infradistrettuali, e dei programmi
organizzativi, le delibere concernenti l’esame delle modifiche delle tabelle e
delle proposte relative ai decreti di applicazione e supplenza personale di
durata superiore a trenta giorni.
Con delibera del 12 ottobre 2005 è stata integrata e modificata la circolare in
tema di incarichi extragiudiziari. Sono stati ribaditi i principi fondamentali
in materia di incarichi extragiudiziari già enunciati nella circolare n. 15207
del 16 dicembre 1987, con l’obiettivo però di valorizzare le attività che
contribuiscono al proficuo esercizio della funzione istituzionale del magistrato
o che sono essenziali per la giurisdizione o che consentono al magistrato di
fornire un corretto apporto alla vita civile. Allo stesso tempo, si è inteso
esercitare un controllo più efficace sulle attività che, pur non contrastabili,
comportano maggiori rischi per l’indipendenza del magistrato e la funzionalità
del servizio.
In consiglio ha affrontato la questione dei tempi eccessivamente lunghi delle
procedure di conferimento degli incarichi diretivi che hanno finito, negli
ultimi anni, per costituire una patologia da risolvere, e lo ha fatto ponendo
mano alla revisione della sua normativa secondaria.
Al riguardo giova segnalare è stata emessa la “Risoluzione sui tempi di nomina
dei dirigenti degli uffici” del 22 giugno 2005 il C.S.M. ha opportunamente
premesso che nell’attuale consiliatura il tempo medio di esaurimento dell’intera
procedura per il conferimento degli uffici direttivi è stato di 388 giorni,
ripartiti mediamente in 170 giorni dalla pubblicazione della vacanza
all’iscrizione all’ordine del giorno della Commissione, in 101 giorni per la
delibera di Commissione (sebbene essi siano scesi a 80 nell’ultimo anno), 58
giorni per il deposito della motivazione, 59 giorni per l’acquisizione del
“concerto” del Ministro della Giustizia e per la delibera di Plenum. L’Organo di
autogoverno ha preso atto che detti tempi sono oggettivamente lunghi, sebbene
essi siano in parte dipesi, oltre che dalla gravosità dell’attività istruttoria
e valutativa, anche dalla riduzione del numero dei componenti del Consiglio, con
il conseguente aggravio dell’impegno richiesto a ciascuno di essi, nonché
dall’innalzamento dell’età pensionabile, che si è tradotta in un aumento dei
candidati valutabili, specie per i concorsi relativi ai posti di presidente di
corte di appello e di procuratore generale.
Nella stessa data del 22 giugno 2005 è stata approvata la circolare n. 14757
relativa alla “formazione dei pareri per il conferimento di uffici direttivi e
dei relativi rapporti informativi”, che, ponendosi come strumentale rispetto al
raggiungimento degli obbiettivi considerati, costituisce accorgimento prezioso
per assicurare una maggiore omogeneità ed organicità degli elementi valutativi
posti a fondamento delle determinazioni consiliari, visto che sposa l’adozione
di un modello standard di parere e di rapporto informativo articolato in sei
parti, relative ai dati personali, alle fonti di conoscenza ed alla sintesi
delle precedenti valutazioni, alle attitudini, al merito ed alle conclusioni).
Terminato l’excursus relativo alle attività consiliare torno alla desolante
assenza dei magistrati italiani dalle assemblee indette per l’inaugurazione
dell’anno giudiziario, concludo con l’auspicio che cessi la campagna di
delegettimazione contro la magistratura e si interrompa il processo di
trasformazione del giudice in burocrate e si torni a pensare all’efficienza e
professionalità in termini progettuali.
In uno stato di diritto occorre che il giudice sia giudice, che il legislatore
sia legislatore e il politico riacquisti il ruolo che gli compete e riprenda il
suo cammino con lo sguardo rivolto verso la via da percorrere e non ripiegato
sui suoi piedi.
Questo l’augurio conclusivo ai cittadini ed ai magistrati italiani.
Paola Filippi